Personale

Dirigente da risarcire per la perdita di chance se la valutazione negativa è illegittima

di Michele Nico

Con la sentenza che accerta l'illegittimità della valutazione negativa di un dirigente per il mancato raggiungimento degli obiettivi, il tribunale non può condannare la Pa a risarcire i danni richiesti, dacché il giudice non può sostituirsi all'organo deputato a effettuare la verifica delle prestazioni che condiziona la corresponsione dell'indennità di risultato.
In tali circostanze, però, il giudice non può escludere in radice la sussistenza del diritto al risarcimento dei danni per perdita di chance, dato che tale nocumento è dimostrabile anche per presunzioni e la relativa liquidazione è necessariamente equitativa.
Tenuto conto di ciò, la Cassazione civile, Sezione lavoro, con la pronuncia n. 9392/2017 accoglie il ricorso del dirigente interessato e rinvia alla Corte d'appello la sentenza per l'ulteriore esame della controversia, da decidersi in conformità ai principi sopra esposti.
Nelle circostanze descritte, infatti, il risarcimento del danno deriva dalla perdita di chance e non riguarda l'indennità di risultato non percepita per l'anno di riferimento, di modo che la liquidazione del danno non è in alcun modo correlata all'importo di tale indennità.

Il caso
La vicenda che dà origine al contenzioso è davvero paradossale, stante il fatto che la Corte di appello accerta l'illegittimità della procedura di valutazione negativa dei risultati di un dirigente pubblico rispetto agli obiettivi per l'anno 2003, ma la Pa ha fissato tali obiettivi a posteriori, portandoli a conoscenza del dirigente solo nel 2005, in sede di colloquio finale.
La Corte accerta la scorrettezza dell'operato dell'ente, per l'evidente ragione che in base alla disciplina del Dlgs n. 165/2001 il processo di valutazione presuppone che il funzionario venga posto in condizione di conoscere per tempo gli obiettivi da raggiungere con il suo lavoro.

La perdita di chance
Nel riconoscere l'illegittimità della procedura, il giudice dell'appello non condanna l'amministrazione al risarcimento del danno per il fatto che l'indennità di risultato ha carattere premiale, posto che la relativa attribuzione dipende dalla positiva valutazione dei risultati del lavoro svolto.
Si tratta, quindi, di un emolumento non suscettibile di corresponsione “automatica”, dacché implica una verifica degli organi tecnici preposti alla valutazione dei risultati, come dimostrano i vari provvedimenti di condanna emanati dalla Corte dei conti per l'avvenuta attribuzione della indennità di risultato in assenza del raggiungimento e/o della indicazione degli obiettivi (ex multis: Corte dei conti Basilicata Sezione giurisdizionale, sentenza n. 48/2016).
Senza intaccare questo principio, la Cassazione accoglie il ricorso, per il fatto che il dirigente leso ha sostenuto in giudizio che dalla illegittimità della mancata tempestiva indicazione degli obiettivi per l'anno 2003 è derivata la sussistenza del danno da perdita di chance, definita quale «danno futuro, consistente non nella perdita di un vantaggio economico, ma nella perdita della mera possibilità di conseguirlo, secondo una valutazione “ex ante” da ricondursi (…) al momento in cui il comportamento illecito ha inciso su tale possibilità in termini di conseguenza dannosa potenziale».

La sentenza della Corte di cassazione n. 9392/2017

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