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Buona scuola, dal 2018 cambia l’abilitazione per i prof

Cambia l’abilitazione all’insegnamento a medie e superiori: dal 2018 tutti i laureati potranno partecipare ai nuovi concorsi a cattedra (a patto di aver conseguito 24 Cfu nei settori psico-antropo-pedagogici o nelle metodologie didattiche). Chi li supera entra in un percorso triennale di formazione, inserimento e tirocinio (chiamato «Fit»), con una retribuzione crescente fino all’effettiva immissione in ruolo.
Nuove regole anche per i futuri esami di Stato. Alle medie (dal prossimo anno) le prove scendono da sei a quattro (tre scritti e un orale), e si potrà essere ammessi praticamente sempre anche cioè «in caso di mancata acquisizione dei necessari livelli di apprendimento in una o più discipline». Alla maturità (dal 2019) ci si arriverà invece, come accade già oggi in virtù della riforma Gelmini, con tutte sufficienze (cade quindi la contestatissima proposta della «media del sei»), fatta salva la possibilità per il consiglio di classe, con decisione motivata, di far sedere comunque alle prove pure chi ha una sola insufficienza (l’eventuale ammissione con un quattro o un cinque, per esempio, inciderà però sul credito finale).

Il via libera del Cdm
Il Consiglio dei ministri, ieri mattina, ha acceso il semaforo verde definitivo a otto decreti attuativi della «Buona Scuola»: all’appello manca solo il Testo unico per semplificare la normativa dell’istruzione che, scaduti i termini, camminerà ora con un Ddl delega specifico e successivo.
Per il premier, Paolo Gentiloni, con il varo di questi Dlgs «la legge 107 si completa definitivamente; e le novità introdotte rappresentano una notevole iniezione di qualità nella scuola italiana». Sulla stessa lunghezza d’onda la ministra, Valeria Fedeli: «In Parlamento sono stati auditi circa cento soggetti fra associazioni di famiglie, studenti, insegnanti ed esperti che hanno arricchito e migliorato i testi».
Sulla valutazione, il Miur ha tutto sommato resistito al pressing di una parte del Pd e del sindacato: alla primaria resta la possibilità di bocciare, ma viene circoscritta alle ipotesi «eccezionali e comprovate da specifica motivazione». Addio, poi, alle lettere: dalle ex elementari gli istituti di secondo grado i voti saranno espressi in numeri (decimi). Anche l’Invalsi resiste: i test in italiano, matematica e, è la novità, inglese sbarcheranno in quinta superiore (gli esiti saranno attestati: alle medie, nella certificazione delle competenze; alle superiori, nel curriculum studente); e si porrà pure fine alle annuali polemiche sulla non obbligatorietà da parte dei docenti di partecipare all’organizzazione, svolgimento e correzione delle prove che, viene ora messo nero su bianco, «costituiscono attività ordinaria d’istituto».
Da segnalare, in questa sede, la completa revisione degli istituti professionali: qui si inaugura la formula biennio+triennio, e gli indirizzi, a partire dal 2018/2019, passano da 6 a 11 (si conferma però un’impostazione ancora troppo scuolacentrica - si parla più di “assi culturali” e meno di pratica e laboratori, nonostante le intenzioni condivisibili della delega di avvicinare queste scuole ai territori e al lavoro).

Sistema integrato di educazione-istruzione
Tra le altre novità contenute nei Dlgs, spicca la nascita (finalmente) di un sistema integrato di educazione-istruzione da 0 a 6 anni, con la creazione di un fondo ad hoc (239 milioni l’anno, a regime); un primo rafforzamento del diritto allo studio (sono previsti specifici finanziamenti, per esempio, al welfare scolastico); e l’arrivo del «Piano delle Arti», un programma di interventi per sviluppare musica, danza, teatro, cinema, pittura e scultura nelle classi. Vengono ridisegnate infine le scuole italiane all’estero: anche qui debutterà l’organico potenziato (50 docenti in più - si passa da 624 a 674) con l’obiettivo, almeno sulla carta, di ampliare l’offerta didattica a vantaggio degli studenti.

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