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Illegittimo l’utilizzo «misto» dei permessi per i disabili

di Consuelo Ziggiotto

Le due ore al giorno non vanno confuse con le diciotto ore al mese, per i disabili che chiedono i permessi per se stessi. Questo nella sostanza il principio che sottende al parere Aran pubblicato il 24 gennaio scorso in materia di permessi a tutela dei disabili.

Permessi ai disabili
La legge n. 104 del 1992 disciplina i permessi dei disabili per se stessi al comma 6 dell’articolo 33. Il disposto consente al disabile di fruire alternativamente dei permessi di cui ai commi 2 e 3 del medesimo articolo. Il disabile quindi può chiedere le due ore al giorno (comma 2) o, in alternativa, i tre giorni al mese (comma 3) rispetto ai quali il contratto ha previsto una frazionabilità a ore nel tetto massimo delle diciotto indicate al comma 6 dell’articolo 19 del Ccnl del 6 luglio 1995. Sembra pleonastico dover chiarire che il contratto non ha introdotto per i disabili l’alternatività delle due ore al giorno con le diciotto ore mensili, non avrebbe avuto nemmeno titolo a farlo e i due istituti non vanno confusi nemmeno nella modalità con la quale vengono fruiti.

Le opzioni possibili
Più precisamente, la legge ha dato la possibilità al disabile di scegliere tra due opzioni e per una di esse è intervenuto il contratto fissando un tetto massimo di ore entro le quali possono essere fruiti i tre giorni mensili di permesso che diventano quindi frazionabili nella loro fruizione.
Se quindi il disabile sceglie di fruire su base mensile delle due ore al giorno e viene a trovarsi nella situazione di non aver fruito per qualche ragione delle due ore in alcuni dei giorni dello stesso mese, questo non può che ricondursi a una sua espressa e precisa volontà. Non ci sarebbe infatti alcuno spazio da parte del datore di lavoro di agire un diniego di un permesso che si qualifica come un diritto soggettivo e che per ciò tanto, al ricorrere dei requisiti legittimanti, non può mai negarsi.
D’altra parte, se il disabile sceglie su base mensile di godere dei tre giorni al mese, può trovarsi nella necessità, dopo aver fruito di due giorni, di godere del restante permesso in modalità oraria. A questo punto rileva la frazionabilità oraria, entro il limite delle diciotto ore mensili, prevista dal contratto dei suddetti tre giorni. Tuttavia, l’equivalenza è tutt’altro che banale, attesa la legittimità di fruizione mista nel corso dello stesso mese del permesso in discussione.

L’orientamento dell’Aran
A risolvere qualcuno dei dubbi più frequenti era intervenuta la stessa Agenzia nel 2013 con un parere in data 4 novembre (n. 1433), nel quale ha precisato che per ogni periodo di sei ore di permesso si deve computare la corrispondente riduzione di una giornata di permesso e che quindi coerentemente solo un residuo di ore non inferiore a sei può comportare la fruizione di un intero giorno di permesso, che potrà essere fruito, però, anche in una giornata di nove ore destinata al rientro pomeridiano.
Ciò che non deve sfuggire alla comprensione è, in ogni caso, che il limite delle diciotto ore mensili si riferisce solo ed esclusivamente all’ipotesi della frazionabilità a ore dei tre giorni di permesso retribuito di cui all’articolo 33, comma 3. La disciplina contrattuale non può estendersi anche ai permessi orari di cui all’articolo 33 comma 2 della legge n. 104/1992, che restano di due ore al giorno, senza limiti quantitativi massimi, per ogni giorno lavorativo del mese.

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