Fisco e contabilità

Manovra, nuovo canone unico patrimoniale dal 2021

di Giuseppe Debenedetto

La legge di bilancio 2020 conferma l'introduzione di un nuovo canone unico che dovrebbe sostituire l'intero comparto dei tributi «minori», in particolare l'imposta sulla pubblicità, la Tosap e i prelievi alternativi (Cosap, Cimp), nonché la Tari giornaliera (si veda Il Quotidiano degli enti locali e della Pa del 21 ottobre). Tuttavia rispetto alle prime versioni, la bozza presentata al Senato rinvia al 2021 l'entrata in vigore del nuovo canone unico.

Modifiche incomprensibili
Non si comprendono comunque le ragioni che hanno spinto il legislatore a modificare un impianto normativo ben congegnato e collaudato. Probabilmente si è convinti che la riforma serva a semplificare il sistema. In realtà il canone unico complica decisamente le cose perché fonda prelievi di natura tributaria che hanno presupposti e ragioni diverse, basandosi l'uno sul beneficio che ritrae l'occupante dall'utilizzo di un bene pubblico e l'altro dall'utilizzo di un bene privato (manufatto pubblicitario) che incide su rilevanti interessi pubblici (viabilità, sicurezza, ambiente eccetera).
Peraltro le precedenti proposte di riforma, finalizzate a unificare l'imposta sulla pubblicità e la Tosap, si basavano sul principio di alternatività dei due prelievi. Ma la Cassazione ha poi definitivamente chiarito che si tratta di prelievi cumulabili, per cui l'imposta di pubblicità effettuata con impianti installati su suolo pubblico non esclude la Tosap (sentenze nn. 11377/2012 e 13476/2012). Insomma non c'è alcuna ragione giuridica per unificare i due prelievi.

Diverse perplessità nel merito
Nel merito restano peraltro diverse perplessità. In primo luogo la natura extratributaria del nuovo canone crea problemi dal punto di vista gestionale e sul fronte del contenzioso. Andrebbero infatti attentamente valutate le difficoltà e le complicazioni che comporta l'applicazione e la riscossione di un canone, rispetto alla maggiore semplicità gestionale di una entrata tributaria. Inoltre, l'ufficio comunale deputato all'applicazione del nuovo canone dovrebbe essere l'ufficio patrimonio e non più l'ufficio tributi. Altro problema si pone sul fronte del contenzioso, di più agevole gestione se si tratta di una entrata tributaria, la cui cognizione è devoluta al giudice tributario con minori costi da parte del contribuente, rispetto a quello riguardante una entrata patrimoniale devoluta alla giurisdizione della giustizia ordinaria, già intasata da procedimenti pendenti da anni.
È poi tutto da verificare il nuovo impianto tariffario e normativo. La relazione illustrativa evidenzia che la norma si preoccupa di disciplinare i tratti fondamentali della prestazione imposta, quasi integralmente demandata al regolamento comunale. Non si capisce allora perché la norma è composta da ben 32 commi e disciplina dettagliatamente tutte le fattispecie di applicazione, prevedendo 20 casi di riduzioni.

Pubbliche affissioni facoltative
Inoltre da dicembre 2021 viene soppresso l'obbligo di effettuare il servizio delle pubbliche affissioni, dovendo i Comuni garantire l'affissione di manifesti aventi finalità sociali, mettendo a disposizione un congruo numero di impianti a tal fine destinati. In sostanza tra due anni il servizio delle pubbliche affissioni diventerà facoltativo, ma con quali tariffe? La disciplina del nuovo canone unico, estremamente dettagliata, non prevede alcuna tariffa specifica per le pubbliche affissioni, demandando così la determinazione ai singoli Comuni senza alcuna base normativa.
In conclusione si tratta di una riforma dettata dalla volontà di introdurre norme solo apparentemente semplificatrici, ma che rischia di complicare la vita a Comuni e contribuenti.

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