Fisco e contabilità

I nuovi accantonamenti per perdite delle partecipate pesano sulle risorse dell’ente

di Marco Rossi

Le nuove regole di formazione dei bilanci delle imprese hanno prodotto anche un significativo impatto sugli obblighi di accantonamento degli enti locali in funzione dei risultati delle proprie partecipate, soprattutto per le realtà che si occupano dei servizi a rete di rilevanza economica.

Le nuove regole
Come noto, infatti, secondo l'articolo 21 del Dlgs 175/2016, in presenza di perdite delle partecipate, gli enti locali soci devono provvedere a operare un accantonamento, nell'anno successivo e in apposito fondo vincolato, di un importo pari al risultato negativo non immediatamente ripianato, in misura proporzionale alla quota detenuta.

Le conseguenze
Si tratta di un effetto, per le pubbliche amministrazioni partecipanti, estremamente penalizzante, che conduce a creare un vincolo sulle risorse disponibili in funzione delle perdite maturate dalle partecipate, da considerare a livello di bilancio consolidato per le realtà che procedono alla redazione di quest'ultimo documento.

Il discrimine della rilevanza economica
La stessa disposizione, peraltro, precisa - limitatamente alle società che svolgono servizi pubblici a rete di rilevanza economica - che per risultato si deve intendere la differenza tra valore e costi della produzione ai sensi dell'articolo 2425 del Codice civile, accogliendo così un'impostazione diversa rispetto alla generalità delle società partecipate. È del tutto evidente che la soluzione prescelta (considerando che la disposizione risale alla legge 147/2013) introduceva sostanzialmente una differente modalità di considerazione e determinazione dell'accantonamento per perdite delle partecipate in funzione del tipo di attività svolta da queste ultime.
Da una parte, le società che prestano servizi di rilevanza economica a rete, in relazione alle quali era necessario fare riferimento al reddito operativo, scaturente dalla differenza tra valori e costi della produzione, senza – di conseguenza – far rilevare la gestione finanziaria, le rettifiche di valore, la gestione straordinaria e tributaria. In buona misura tale opzione era l'effetto dell'esigenza di escludere l'impatto connesso all'onerosità del finanziamento degli investimenti, che poteva risultare rilevante nella fattispecie.
Dall'altra parte, le società diverse, per le quali occorre fare riferimento al risultato netto dell'esercizio, comprendente la generalità della gestione della società e, quindi, di tutte le gestioni realizzate a prescindere dalla natura (specificamente, quindi, vi dovevano concorrere tanto la gestione straordinaria quanto la gestione finanziaria).

I nuovi schemi da applicare
A ben vedere, tale impianto strutturale (confermato poi dal più recente Dlgs 175/2016 recante il Testo unico delle società a partecipazione pubblica) è stato superato (o scavalcato) dall'introduzione del nuovo bilancio di esercizio delle imprese, sulla base di quanto previsto dal Dlgs 139/2015, che ha modificato in modo significativo gli schemi da utilizzare. Dal 2016, infatti, tra le novità più rilevanti da evidenziare, è sicuramente da rimarcare l'eliminazione del raggruppamento relativo alla gestione straordinaria (proventi e oneri straordinari) con l'esigenza di imputare, per natura, le poste alle rispettive voci dandone adeguata informativa nell'ambito della nota integrativa. Per effetto di tale evoluzione, di conseguenza, le voci prima riconducibili ai proventi e oneri straordinari devono essere ora collocate nell'ambito delle suddivisioni previste nel raggruppamento relativo al valore della produzione e nel raggruppamento relativo ai costi della produzione, concorrendo così a determinare il risultato che ne esprime il saldo.

Conclusioni
L'effetto che ne consegue, rispetto agli obblighi di accantonamento, comporta – quindi – che la grandezza a cui devono fare riferimento, per la loro determinazione, le società che svolgono servizi pubblici di rilevanza economica a rete si è avvicinata notevolmente al parametro che, invece, occorre assumere con riguardo alle realtà che svolgono una diversa attività in presenza di perdite, perdendo così buona parte del proprio significato la distinzione inizialmente introdotta. Inoltre, anche rispetto alle società che si occupano di servizi a rete, il cambiamento indotto dalle modifiche recate agli schemi di bilancio delle imprese comporta che gli obblighi di accantonamento, che prima dipendevano dalle dinamiche della gestione ricorrente, sono ora condizionati altresì dalle poste straordinarie (come le plusvalenze/minusvalenze e le sopravvenienze) che possono presentare un andamento imprevedibile, costringendo – se fortemente negative – gli enti soci a un rilevante vincolo sulle risorse disponibili. È quindi conclusivamente auspicabile un intervento normativo, finalizzato a garantire il migliore coordinamento delle disposizioni in gioco ovvero a ripensare in modo complessivo questo obbligo di accantonamento che, talora, produce effetti eccessivamente pesanti sui bilanci degli enti locali.

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