Fisco e contabilità

Il saldo statale non può bloccare l’avanzo locale

Sulla sentenza 247/2017 della Consulta si stanno accendendo diversi riflettori, che però non brillano per chiarezza. Ci si riferisce in particolare alla circolare sul pareggio di bilancio emanata dalla Ragioneria generale il 5 febbraio scorso e al recente Focus sul tema diffuso dall’Ufficio Parlamentare di bilancio (si veda Il Quotidiano degli enti locali e della Pa del 9 marzo).

L’interpretazione costituzionalmente orientata
Era certo prevedibile, da un lato, che la sentenza avrebbe destato attenzione: infatti l’interpretazione costituzionalmente orientata in essa contenuta, ovvero che l’avanzo di amministrazione rimane nella disponibilità d’impiego dell’ente che ne è titolare, ha la forza di imposi a tutto il comparto degli enti territoriali. In base ad essa, quindi, si possono liberare spazi finanziari attraverso la volontaria dazione su base regionale degli avanzi di amministrazione; se l’ente territoriale, invece, non vuole conferire l’avanzo, diminuiscono gli spazi finanziari ma il saldo finale – è dirimente precisarlo - rimane invariato, perché al minore spazio finanziario regionale corrisponde un’utilizzazione di eguale misura da parte dell’ente che ne è titolare.
In altre parole, su base regionale gli spazi finanziari affidati alla regia della Regione sono sempre e comunque quelli provenienti dal conferimento degli enti che ne sono titolari.

Le indicazioni dell’Upb
Appare quindi molto singolare - ed è l’altro lato della questione - quanto emerge dal Focus dell’Upb dove sembra prefigurarsi, sulla base di dati del ministero dell’Economia, che una piena applicazione della sentenza 247/2018 possa peggiorare il saldo consolidato della pubblica amministrazione per un valore fino a 16,2 miliardi. Per quanto prima detto, ciò non è possibile, a meno che sul ruolo di programmazione regionale non abbiano, in realtà, inciso occulte manovre centrali in ordine ai flussi finanziari di spettanza degli enti territoriali, di fatto sterilizzandoli in gran parte.
Ma questo è stato escluso dallo Stato in sede processuale nell’ambito del giudizio di costituzionalità che ha condotto alla sentenza n. 247/2017; inoltre, nella circolare della Ragioneria generale del 5 febbraio non si prefigura mai l’esistenza di un peggioramento dei saldi di finanza pubblica, come invece a sorpresa sembra adombrare il Focus.
Ciò precisato in ordine all’avanzo di amministrazione, le preoccupazioni sono ancora meno comprensibili in relazione al fondo pluriennale vincolato. Questo fondo è infatti vincolato proprio perché attiene a programmi di spesa che, per essere tali, devono avere una copertura ab origine e che quindi non potrebbero essere tali se il progetto finanziario indefettibile per raggiungere lo scopo fosse rimodulato togliendo la copertura negli esercizi in cui scadono le obbligazioni.
Semmai può suscitare perplessità il blocco della sua utilizzazione dal 2020 disposto dalla circolare del Ragioneria generale, che potrebbe peraltro essere oggetto di ulteriore attenzione da parte della Corte costituzionale. Appare quindi altrettanto singolare anche l’affermazione contenuta nel Focus dell’Upb dove si prefigura un disallineamento tra il decreto legislativo 118 del 2011 sull’armonizzazione contabile e le norme della legge rinforzata n. 243/2012 (attuazione del principio dell’equilibrio di bilancio in Costituzione): secondo la sentenza della Consulta, invece, è proprio la norma della legge rinforzata, se non costituzionalmente interpretata, a violare gli articoli 81 e 119 della Costituzione.

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