Fisco e contabilità

Il caso Napoli manda in fallimento il pre-dissesto

di Ettore Jorio

Napoli è sempre Napoli, e in quanto tale occorre trattarla bene anche quando si parla di ipotesi di dissesto e di procedure di riequilibrio pluriennale. Così come del resto avvenuto in tutte le variabili legislative che si sono via via succedute dal Dl 174/2012 che ha introdotto il predissesto. La città ha infatti attratto, giustamente, l'interesse del legislatore nello stabilire condizioni più favorevoli di quelle originariamente previste, delle quali hanno goduto tutti i Comuni. Ma ora, dopo l'ultima bocciatura dalle sezioni riunite, torna a ballare sull'orlo del default. La stessa “attenzione” del legislatore, infatti, non è stata seguita dalla Corte dei conti. L'ultimo capitolo della vicenda parte dalla sezione di controllo per la Campania, che da ultimo con la deliberazione 240/2017 ha dichiarato l'inammissibilità della riformulazione e rimodulazione effettuata dal Consiglio comunale il 22 maggio scorso. Diversi i motivi fondanti, tra i quali il grave inadempimento degli obiettivi intermedi fissati nel piano di riequilibrio elaborato nel gennaio 2013 e ristrutturato con la delibera 84/2014 del Consiglio comunale. Contro questa deliberazione, il Comune di Napoli ha fatto ricorso alle Sezioni Riunite che, in due step (il primo del 10 gennaio 2018 e il secondo del 7 marzo; si veda Il Quotidiano degli enti locali e della Pa dell'8 marzo) hanno liquidato la partita con un secco «no», di fatto equivalente alla dichiarazione di dissesto. Al di là di ogni aspetto politico e sociale, la decisione delle Sezioni Riunite non fa una grinza sul piano strettamente tecnico. Il problema è quello di intendere l'accesso al predissesto come occasione utile o meno al risanamento reale delle disastrate casse comunali, anche prescindendo da Napoli che, per la sua importanza, meriterebbe le stesse deroghe che contraddistingono la Capitale. Il predissesto, così come regolato oggi, non rappresenta né la terapia giusta, né l'occasione utile per bonificare i comportamenti errati delle Pa locali. I guasti e il permissivismo, che hanno consentito per decenni a Comuni e Province di andare ben oltre l'esercizio delle funzioni fondamentali, sono noti a tutti. Da qui, l'incertezza del legislatore di dover via via intervenire con provvedimenti legislativi, assicurativi di facilitazioni procedurali, l'ultima delle quali quella sancita nella legge di bilancio per il 2018 (comma 889), non utilizzata da molti perché resa disponibile a tempo quasi scaduto (16 gennaio il termine ultimo per la notifica della richiesta). Napoli e gli altri Comuni hanno bisogno di soluzioni legislative nuove, alle quali il nuovo Parlamento dovrà certamente fornire la risposta giusta, conscio di due cose: la prima, che la disciplina del risanamento dei Comuni non può caratterizzarsi in un percorso alla Arlecchino, con la cucitura di pezze a colori utili a realizzare una soddisfazione estemporanea; l'altra, riguarda l'inefficacia del sistema del dissesto, eccessivamente liquidatorio e lasciato in mano a un organo straordinario che, spesso, di amministrazione di città, di bisogni dei cittadini e di finanza pubblica ha poca esperienza.

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