Fisco e contabilità

Tari, finto debutto dei costi standard

I costi standard nella determinazione della Tari debuttano solo sulla carta. A sancirlo sono le Linee guida diffuse ieri dal dipartimento Finanze, per sciogliere i tanti dubbi interpretativi nati dall’avvio di una regola scritta nella manovra 2014 (comma 653 della legge 147/2013), attesa al debutto a inizio 2016 ma congelata fino al 31 dicembre scorso.
La norma impone di determinare la Tari tenendo conto degli standard (nel mondo degli enti locali si chiamano «fabbisogni) chiamati a individuare il “prezzo giusto” del servizio, per evitare che una gestione inefficiente gonfi il conto su cittadini e imprese costi non dovuti. La Tari infatti deve assicurare una «copertura integrale» del costo del servizio, ma se quest’ultima voce è libera la tariffa cresce in proporzione dove il servizio è meno efficiente.

Il «congelamento» degli standard
L’ultima legge di bilancio si è dimenticata di prorogare il «congelamento» degli standard, e ha sollevato un ginepraio di dubbi negli enti locali. Ma la soluzione offerta dalle istruzioni ministeriali è semplice: gli standard rimangono una variabile di cui tenere conto in modo generico, per «valutare l’andamento della gestione del servizio rifiuti». Anche perché «il 2018 è il primo anno di applicazione dello strumento», per cui più di tanto non si può fare. Facendo riferimento a questi benchmark, il Comune potrà poi «nel tempo intraprendere le iniziative di propria competenza» per avvicinare agli standard i costi effettivi del proprio servizio rifiuti. E la capitolazione arriva quando le Linee guida parlano di chi ha già approvato preventivi e piani finanziari senza rispettare la norma. Questi enti «non sono tenuti a rivedere detti provvedimenti»: ci si penserà, semmai, l’anno prossimo.

I valori e il calcolo
La ragione di tanta flessibilità non è difficile da capire. Gli standard a cui fare riferimento, prima di tutto, non sono quelli pubblicati su Opencivitas, il sito in cui Sose e ministero dell’Economia indicano i prezzi giusti dei servizi in tutti i Comuni. Nel caso della Tari, ogni amministrazione dovrebbe calcolarsi il proprio standard andando a spulciare una tabella (la n. 2.6) allegata al decreto con cui Palazzo Chigi il 29 dicembre 2016 ha offerto l’ultimo aggiornamento dei parametri. Il valore di riferimento è il costo per la gestione di una tonnellata di rifiuti, che a livello nazionale si attesta a 354,96 euro. Ma la cifra cambia di regione in regione, scende drasticamente in Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna e cresce molto in Campania, Lazio e Abruzzo. Il costo aumenta poi dove la differenziata è più alta della media (1,15 euro a tonnellata per ogni punto percentuale), o dove non ci sono impianti sufficienti. Mentre scende (di 5,8 euro a tonnellata) se il servizio è gestito in forma associata.

Su queste basi, ogni Comune dovrebbe calcolare il proprio standard, che rimarrà però un passaggio burocratico, anche perché a definire i piani finanziari sono le aziende e (dove funzionano) gli ambiti territoriali ottimali. Per garantire davvero il costo standard ai contribuenti, insomma, bisognerà ripensare le regole.

Le linee guida

L’allegato 1

L’allegato 2

L’allegato 3

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