Fisco e contabilità

Speciale Telefisco/4 - Imposta di soggiorno fuori dal blocco nel 2018

I Comuni possono introdurre o modificare l’imposta di soggiorno anche nel 2018, ma non possono estendere la figura del «responsabile d’imposta» oltre il perimetro delle locazioni brevi, così come definite dalla manovra di primavera dello scorso anno. A chiarirlo è il dipartimento delle Finanze del ministero dell’Economia, nelle risposte ai quesiti di Telefisco 2018, che pubblichiamo per la prima volta in queste pagine.

Via libera agli aumenti

L’incertezza sui margini di manovra dei Comuni rispetto all’imposta di soggiorno derivava dal fatto che l’ultima legge di Bilancio ha prorogato il blocco dei tributi locali anche per il 2018, intervenendo “dopo” che la manovra di primavera (il Dl 50/2017) aveva dato mano libera agli amministratori locali. In particolare, la legge di Bilancio 2018 non ha escluso dal blocco dei tributi in modo esplicito anche l’imposta di soggiorno. Per i funzionari delle Finanze, però, conta il fatto che il Dl 50 abbia liberalizzato l’istituzione o la rimodulazione dell’imposta di soggiorno «a decorrere dal 2017», previsione quindi non limitata solamente all’anno scorso.
Al di là delle riduzioni tariffarie (senz’altro ammesse), i Comuni quest’anno possono aumentare le tariffe dell’imposta di soggiorno oppure istituire il tributo per la prima volta, opzione che comunque non vale per tutti ma solo per gli enti previsti dall’articolo 4 del Dlgs 23/2011: capoluoghi di provincia, Comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche e unioni di Comuni. Enti che, per i tecnici del Mef, sono svincolati dal rispetto del termine perentorio previsto per l’approvazione del bilancio: quindi potrebbero intervenire sull’imposta di soggiorno anche dopo il 28 febbraio 2018, senza incorrere nell’invalidità delle delibere “tardive” o nell’inefficacia delle stesse secondo il più recente orientamento giurisprudenziale (si vedano le sentenze del Consiglio di Stato 4104/2017 e 267/2018).

Il responsabile d’imposta

L’altra risposta delle Finanze suona come una bocciatura della tesi sostenuta dall’Ifel nella nota del 10 luglio 2017, in cui – alla luce della manovra di primavera – si prospettava il ruolo di «responsabile dell’imposta» anche per i gestori di strutture ricettive.
È vero che il Dl 50 (articolo 4, comma 5-ter) attribuisce questo ruolo a chi «incassa il canone o il corrispettivo, ovvero che interviene nel pagamento dei predetti canoni o corrispettivi». Ma, secondo il dipartimento, la norma si riferisce solo ai canoni e ai corrispettivi delle locazioni brevi, così come definite dalla stessa manovra di primavera: quindi, locazioni, sublocazioni e concessioni a titolo oneroso da parte dei comodatari, tutte di durata non superiore a 30 giorni ed eseguite da persone fisiche fuori dal regime d’impresa (eventualmente comprensive dei servizi di pulizia dei locali e fornitura di biancheria).
L’interpretazione delle Finanze è senz’altro condivisibile, alla luce della rubrica del citato articolo 4 («Regime fiscale delle locazioni brevi») e della specialità della disposizione, limitata alla locazioni brevi e quindi non estensibile a tutti i gestori delle strutture ricettive (alberghi, hotel eccetera). Questi ultimi assumono peraltro il ruolo di agenti contabili «di fatto» (in tal senso, Corte dei conti, Sezioni riunite sentenza n. 22 del 22 settembre 2016) e quindi sono tenuti a presentare il cosiddetto “conto giudiziale” che riepiloga l’imposta riscossa nell’anno secondo i dettagli definiti dai singoli Comuni. Inoltre, i magistrati contabili hanno ricordato l’obbligo di “parifica” da parte degli enti locali, i quali dovranno verificare la corretta gestione del tributo svolta dalle strutture ricettive.

Le risposte delle Finanze/1

Le risposte delle Finanze/2

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