Fisco e contabilità

Nel giudizio di conto del tesoriere rilevano anche gli interessi attivi

di Marco Rossi

Nell'ambito del giudizio di conto che riguarda la gestione del servizio di tesoreria (come, seppure per altri aspetti, la generalità degli agenti contabili) rilevano non soltanto le spese addebitate all'ente ma anche l'entità degli interessi attivi che sono stati progressivamente riconosciuti. Qualora questi ultimi non corrispondano a quelli “pattuiti” nell'ambito della convenzione di tesoreria scatta una forma di responsabilità dell'agente contabile e il conto giudiziale non può essere discaricato, derivando anzi la condanna a carico del tesoriere di rifondere all'ente gli interessi attivi non riconosciuti.
È quanto ha sancito, con la sentenza n. 4/2018, la Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti della Toscana concludendo il giudizio di conto relativo alla gestione di un istituto di credito che aveva applicato, sul conto di tesoreria, un tasso di interesse attivo inferiore a quello disciplinato nella convenzione sottoscritta.

Il rapporto di tesoreria
Si tratta di una questione rilevante che attiene alle verifiche che la magistratura contabile deve operare nell'ambito del giudizio di conto, istituzionalmente destinato a riscontrare se e in quale misura la gestione realizzata da un agente contabile risulta corretta ovvero quest'ultimo sia gravato da un obbligo di restituzione in funzione dell'attività realizzata.
La problematica emersa si è tendenzialmente attenuata, negli ultimi anni, sia per effetto della progressiva riduzione dei tassi di interesse sia per effetto dell'introduzione della tesoreria unica, che ha sostanzialmente azzerato le giacenze presenti presso il sistema bancario locale e quindi la possibilità di riconoscere una remunerazione all'ente pubblico.
Nondimeno, in questo quadro la pronuncia è rilevante per sottolineare come il rapporto ente/tesoreria sia regolato specificamente dalla convenzione di tesoreria e che, consequenzialmente, le modalità di gestione del rapporto di tesoreria risultano profondamente diverse da quelle che, normalmente, interessano la relazione tra un istituto di credito e un privato (personale fisica o giuridica che sia).

La vicenda
Nel caso di specie la Corte dei conti aveva accertato che il tesoriere non ha correttamente conteggiato e liquidato gli interessi creditori a favore del comune nel conto corrente bancario di tesoreria, come disciplinato proprio nella convenzione in essere. In merito agli interessi creditori, era stato applicato un tasso di interesse non corrispondente all'Euribor 3 mesi, base 360 giorni, riferito al mese precedente previsto sulle giacenze di cassa dell'ente (per gli esercizi 2009, 2010 e 2011) e non corrispondente al tasso ufficiale di riferimento (Tur) sulle giacenze negli esercizi 2012 e 2013, con la conseguenza che permane un obbligo di corresponsione residuale. Ecco perché il conto non è stato dichiarato regolare e il tesoriere è stato condannato, nella prospettiva di ripristinare le condizioni originariamente pattuite nell'ambito della convenzione sottoscritta con l'ente locale di riferimento, a cui occorre guardare principalmente.

La decisione
L'aspetto esaminato dalla magistratura contabile, al di là del caso specifico, impone una particolare attenzione, in generale, in ordine alla gestione tesoreria soprattutto avuto riguardo ai profili di onerosità o remunerazione, che possono determinare anche la formazione di una responsabilità erariale. E ciò vale non solo in vista del giudizio di conto, di competenza della Corte dei conti, ma anche le verifiche periodiche che devono essere svolte da coloro (come gli organi di revisione economico-finanziaria) che devono presidiare e controllare l'attività dei singoli agenti contabili, in forza di una specifica previsione del Tuel.

La sentenza della Corte dei conti Toscana n. 4/2018

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