Fisco e contabilità

Tarsu, l'albergo paga più dell’abitazione

di Ulderico Izzo

Con l’ordinanza n. 302 del 9 gennaio 2018 resa dalla sesta sezione della Suprema Corte viene espresso il principio di diritto in base al quale in tema di Tarsu è legittima la delibera comunale di approvazione del regolamento e delle relative tariffe, in cui la categoria degli esercizi alberghieri venga distinta da quella delle civili abitazioni, ed assoggettata ad una tariffa notevolmente superiore a quella applicabile a queste ultime.

Il fatto
Un comune della Puglia ha proposto ricorso per cassazione avverso la decisione della Commissione tributaria regionale che aveva accolte le doglianze della curatela fallimentare di un complesso alberghiero espresse in sede contenziosa avverso un avviso di pagamento Tarsu 2011.
In particolare, il giudice di merito di secondo grado ha accolto l’appello del contribuente disapplicando il regolamento comunale di determinazione delle tariffe, con il quale la categoria degli esercizi alberghieri veniva distinta da quella delle civili abitazioni, pur avendo astrattamente riconosciuto la legittimità di tale distinzione.

La decisione
Le affermazioni contenute nell’ordinanza n.302/18, qui in rassegna, sono ampiamente condivisibili, poiché il principio dei giudici di legittimità è chiaro e preciso: la maggiore capacità produttiva di un esercizio alberghiero rispetto ad una civile abitazione costituisce, infatti, un dato di comune esperienza, emergente da un esame comparato dei regolamenti comunali in materia, ed assunto quale criterio di classificazione e valutazione quantitativa della tariffa anche dal Dlgs n. 22/1997, senza che assuma alcun rilievo il carattere stagionale dell'attività, il quale può eventualmente dar luogo all'applicazione di speciali riduzioni d'imposta, rimesse alla discrezionalità dell'ente impositore; i rapporti tra le tariffe, indicati dall'articolo 69, comma 2, Dlgs n. 507/1993, tra gli elementi di riscontro della legittimità della delibera, non vanno d'altronde riferiti alla differenza tra le tariffe applicate a ciascuna categoria classificata, ma alla relazione tra le tariffe ed i costi del servizio discriminati in base alla loro classificazione economica.
Non è, infine, configurabile alcun obbligo di motivazione della delibera comunale di determinazione della tariffa, poiché la stessa, al pari di qualsiasi atto amministrativo a contenuto generale o collettivo, si rivolge ad una pluralità indistinta, anche se determinabile ex post, di destinatari, occupanti o detentori, attuali o futuri, di locali ed aree tassabili.

Conclusioni
La sentenza della Ctr è stata cassata perché in evidente contrasto con il predetto principio, essendo pacifica la legittimità della differenziazione in categorie diverse, tra gli alberghi e le abitazioni, stante la differente potenzialità di rifiuti prodotti.

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