Fisco e contabilità

Sulla rimodulazione del pre-dissesto tempi troppo stretti con un «favore» a Napoli

di Ettore Jorio

Prolungamento dell'agonia, soluzione oppure stratagemma politico. Questo è il dilemma da risolvere analizzando organicamente la disciplina del predissesto sin dall’inizio (Dl 174/2012), al lordo delle chance di rimodulazione del progetto originario favorite dalle integrazioni legislative successive.

Una possibilità dalla manovra
Anche la legge di bilancio per il 2018 se ne occupa, permettendo ai Comuni (ma anche alle Province) di rimodulare o riformulare i piani di riequilibrio. Sotto il profilo generale, è da apprezzare la scelta legislativa (comma 889). Ciò che risulta oltremodo scomodo, quasi a far presupporre un contenuto normativo meramente propagandistico, è il termine perentorio assegnato per adempiere. Appare, infatti, praticamente impossibile per un consiglio comunale, che abbia la «testa sul collo», deliberare entro domani, 16 gennaio, la richiesta, da trasmettere contestualmente alle Sezioni di controllo regionale della Corte dei conti e al ministero dell'Interno. Uno step necessario per poter, poi, nei 45 giorni successivi alla conseguita esecutività della deliberazione, approvare il piano rimodulato o riformulato.
Una tale tempistica dimostra due cose. La prima è la sottovalutazione della scelta operata dal legislatore, che non è affatto di poco conto - cui dovrà pervenire il consiglio comunale chiamato all'opzione, spesso impedito, specie a cavallo delle festività natalizie, ad adempiere persino alla sua convocazione nel rispetto dei termini prescritti - atteso che da essa dipenderà il futuro del Comune eventualmente chiamato al tempestivo adempimento. Infatti, nel caso di opzione errata sarà dura, sia per la gestione dell'ente interessato che per le ricadute che il dissesto avrà sulla collettività.

Il caso Napoli
La seconda riguarda il solito sospetto di voler favorire le solite beninformate città, Napoli in testa, altrimenti impedite a evitare la falce del dissesto. Insomma, appare che il legislatore abbia voluto, ancora una volta, offrire un rimedio al capoluogo partenopeo (ma non solo) relativamente alla recente bocciatura della magistratura contabile campana del piano di riequilibrio a suo tempo approvato e già rimodulato. Con un beneficio in più, di poter spalmare il riequilibrio in vent'anni anziché in dieci, per come consentito dalla integrazione all'articolo 243-bis del Tuel , sancita nel comma 888 della stessa legge di bilancio per il 2018.
In buona sostanza, una così importante opportunità, fornita agli enti locali, avrebbe dovuto godere di termini più comodi per pervenire a un corretta valutazione dell'utilità della scelta da compiere. Un giudizio di convenienza di certo conseguibile da quei Comuni informati da tempo dell'iniziativa legislativa dell’ultima ora. Per rimediare, rendendo accessibile il beneficio a tutti i potenziali interessati, il prossimo Parlamento dovrebbe mettere mano alla solita proroga che riapra i termini.
Quanto alla risposta dell'iniziale quesito «agonia, soluzione oppure stratagemma politico» sarà il tempo a risolverlo, con l'auspicato risultato di pervenire a un sistema autonomistico locale bonificato nei suoi conti, e soprattutto in grado di garantire la buona amministrazione e una gestione oculata della spesa.

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