Fisco e contabilità

Speciale manovra/1 - Per i comuni più spese e investimenti

Più investimenti per 200 milioni e più spesa corrente per 300, destinata a sostenere il rinnovo dei contratti perché non ci sono aiuti aggiuntivi. Può essere riassunto così l’effetto della manovra per il complesso dei Comuni.
Ma al conto vanno aggiunte le risorse destinate a chi parteciperà ai bandi per la messa in sicurezza del territorio (850 milioni in tre anni, di cui 150 nel 2018, riservati ai Comuni non capoluogo), per le aree degradate (250 milioni in tre anni) o per i finanziamenti alla progettazione di opere dedicate alla messa in sicurezza di edifici pubblici (30 milioni all’anno dal 2018 al 2030). Il tutto senza considerare la conferma della possibilità di utilizzo “libero” dei risparmi da rinegoziazione di mutui, che potranno continuare a finanziare la spesa corrente, e la replica del fondo cuscinetto da 300 milioni che in 1.800 enti (soprattutto medio-piccoli) evita i buchi derivanti dall’abolizione della Tasi.

La reazione dei sindaci
Basta questa rassegna di numeri a spiegare la soddisfazione dei sindaci, espressa ieri dal presidente dell’Anci Antonio Decaro, di fronte alla forma definitiva di una manovra che dedica a loro una quota rilevante della sterminata teoria dei suoi commi. E che oltre a spingere gli investimenti apre le porte a nuove assunzioni, dai piccoli Comuni alle Città metropolitane. Per i conti delle Province, poi, la legge di bilancio chiude un’epoca: quella dei tagli post-riforma Delrio, azzerati da un contributo cresciuto alla Camera (317 milioni, più altri 111 alle Città metropolitane) e accompagnato da una maxi-dote per la manutenzione delle strade (1,6 miliardi in sei anni).

Nel derby fra spesa corrente, cresciuta rispetto alle previsioni grazie ai minori obblighi di accantonamento per le mancate riscossioni, e investimenti, sono questi ultimi a offrire le promesse maggiori. Sui bandi per singoli settori, l’esperienza del progetto-periferie la cui fase di lancio è stata appena completata a Palazzo Chigi sparge ottimismo. Sulle misure generali, a partire dai 200 milioni aggiuntivi che porteranno a 900 milioni lo stanziamento annuale, bisognerà invece oliare il meccanismo dei patti regionali, in cui gli enti si scambiano gli spazi per gli investimenti.

Il dissesto gli enti in crisi
Per il resto, la manovra si è occupata di salvare dal dissesto gli enti in crisi come Napoli, allungando da 10 a 20 anni il tempo per ritrovare l’equilibrio perduto. Rimane in ombra il fisco, su cui va segnalato solo che i Comuni frutto di fusione evitano il blocco delle aliquote Imu e Tasi, ma senza aumentare il gettito complessivo e solo per uniformare la tassazione fra gli enti fusi. Sul tema eterno della riscossione, invece, come sempre l’intervento è stato incerto: il collegato fiscale aveva riservato alle società iscritte all’Albo tutte le attività di supporto, ma alla Camera la manovra è tornata indietro accogliendo le richieste dell’Anci e delle società di recupero crediti (Unirec).

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