Fisco e contabilità

Sul pareggio di bilancio due strade per abbattere l’overshooting

di Luciano Cimbolini

Ci sono stati tempi nei quali era luogo comune che le autonomie territoriali non potessero spendere e fare investimenti per colpa del patto di stabilità interno nelle varie versioni che si sono succedute.
Oggi, al tempo del pareggio di bilancio, il nuovo vincolo di finanza pubblica che ha preso il posto del tanto vituperato patto, Regioni e autonomie locali, stando ai dati della Corte dei conti, nel 2016 hanno lasciato sul piatto circa novve miliardi di euro più dell’obiettivo programmatico. Il cosiddetto overshooting, infatti, ammonterebbe a 2,58 miliardi per le Regioni e 6,42 miliardi per i Comuni.
Anche alla luce delle recenti sentenze della Consulta (n. 247/2017 e n. 252/2017) sulla disponibilità e sui meccanismi di riparto degli avanzi di amministrazione e del debito in termini di manovra di finanza pubblica, vale la pena di riflettere su questa evoluzione nella storia recente della nostra finanza pubblica.

I meccanismi del pareggio di bilancio
Per capire questa situazione paradossale, vanno indagati i meccanismi che regolano il pareggio di bilancio (articolo 9 della legge 243/2012 e articolo 1, comma 463 e seguenti, della legge 232/2016) e gli equilibri di bilancio di enti locali e regioni previsti, rispettivamente, dall'articolo 162, comma 6, del Tuel e dall'articolo 40 del Dlgs 118/2011. Per semplicità, si farà riferimento al solo mondo degli enti locali, tenendo presente che però per le Regioni la situazione non è poi molto diversa.
Il bilancio di un ente locale, per essere conforme a legge, deve rispettare, tanto in fase di previsione iniziale quanto in sede di variazioni, sia le regole previste dall'articolo 162, comma 6, del Tuel che quelle dall'articolo 9 della legge 242/2012.
L'articolo 162, comma 6, del Tuel prevede che il bilancio debba chiudere:
• in pareggio finanziario complessivo, cioè con un saldo fra tutte le entrate e tutte spese pari obbligatoriamente a zero;
• con un saldo di parte corrente in equilibrio (zero o superiore a zero), salvo l'utilizzo di entrate di parte capitale per finanziamento di spesa corrente, previa autorizzazione legislativa (come in genere accade per i proventi dei permessi di costruzione);
• con un saldo di parte capitale in equilibrio, anche mediante il suo finanziamento con il surplus di parte corrente.
Ai fini di questi equilibri rilevano, dal lato entrata, a vario titolo e in modo differenziato, l'avanzo d'amministrazione, il fondo pluriennale vincolato e l'indebitamento e, dal lato spesa, il disavanzo, il fondo crediti dubbia esigibilità, il fondo rischi, il fondo pluriennale vincolato e il rimborso delle quote capitale del debito.
Il pareggio di bilancio dell'articolo 9 della legge 243/2012, come declinato dall'articolo 1, comma 463 e seguenti della legge 232/2016, prevede, invece, un saldo non negativo fra entrate e spese finali, cioè fra tutto ciò che sta prima della sezione di bilancio dedicata al debito, senza includere però:
• in entrata, l'avanzo di amministrazione e il fondo pluriennale vincolato se derivante dal debito;
• dal lato spesa, il fondo crediti dubbia esigibilità ed il fondo rischi.
La necessità di rispettare entrambe queste caratteristiche genera delle naturali tensioni nella gestione finanziaria. L'equilibrio dell'articolo 162, comma 6, del Tuel, difatti, mira a tutelare l'equilibrio sostanziale del singolo bilancio nell'ottica di garantire la continuità amministrativa e prevenire eventuali default. Il saldo di finanza pubblica, come attualmente declinato in termini di pareggio di bilancio mira invece a concedere agli enti elevati spazi finanziari nella speranza di agevolare, soprattutto, gli investimenti. Il primo movimenta entrate e spese “vere”; il secondo tratta di “spazi finanziari”, realmente sfruttabili soltanto se, a monte, il bilancio riesce a garantire risorse vere.
Il tutto nel rispetto del convitato di pietra, il cui ruolo, ovviamente, è interpretato dai vincoli di finanza pubblica europei in termini d'indebitamento netto delle Pa.

Come colmare l'overshooting
È chiaro che il pareggio di bilancio, escludendo dal lato uscite il rimborso del debito, il fondo rischi e il fondo crediti dubbia esigibilità, lascia dei margini teorici di spesa impensabili ai tempi del patto di stabilità. È altrettanto vero, però, che questi spazi non sono sfruttati e sfruttabili, oltre che a causa d'innegabili carenze di carattere amministrativo, specie in materia di programmazione e gestione degli investimenti, anche per il fatto che la sacrosanta esigenza di conservare l'equilibrio sostanziale dei singoli bilanci limita il campo d'azione degli enti in termini di spesa. Allo stato dell'arte, dal punto di vista teorico e in un'ottica puramente contabile, per sfruttare gli spazi finanziari concessi dal pareggio di bilancio e colmare l'overshooting, anche tenendo conto dei meccanismi di cessione e acquisizione degli spazi finanziaria previste dai patti di solidarietà nazionali e regionali, le strade sono sostanzialmente due:
• l'applicazione dell'avanzo di amministrazione per finanziare nuove spese;
• il ricorso a nuovo debito per finanziare nuovi investimenti.
Queste nuove spese, difatti, essendo finanziate con entrate «non buone» per il pareggio di bilancio, ridurrebbero proporzionalmente l'overshooting.
La leva dell'avanzo in realtà non è attuabile, almeno nei grandi numeri, poiché, stando sempre ai dati della Corte dei conti, il sistema degli enti locali, nel 2015, presentava, dopo gli obbligatori accantonamenti per fondo crediti dubbia esigibilità, per fondo rischi e per somme vincolate, un disavanzo complessivo di 4,7 miliardi di euro. Di avanzo da applicare, pertanto, non dovrebbe essercene molto.
L'altra leva, quella del debito per investimenti, si scontra invece con gli effettivi equilibri di bilancio, soprattutto con quello di parte corrente, che spesso non consentono scelte “massicce” in tal senso.

In conclusione
Come uscire da questa contraddizione? È evidente che, in una prospettiva storica, sicuramente non sono i vincoli di finanza pubblica a bloccare le spese di Regioni ed enti locali, quanto piuttosto la necessità di preservare gli equilibri di bilancio e la difficoltà di gestire gli investimenti dal punto di vista amministrativo e non solo contabile.
Almeno nel breve periodo, l'abbattimento dell'overshooting non può che passare da un vero e selettivo meccanismo premiale che alleggerisca, per gli enti realmente virtuosi in termini di risorse disponibili (non solo sulla carta), oltre che il saldo obiettivo di finanza pubblica, anche gli equilibri dell'articolo 162, comma 6, del Tuel, in modo da sbloccare i surplus di bilancio per quelle realtà che li abbiano veramente a disposizione.

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