Fisco e contabilità

Roma, calano investimenti in bus e metrò

Dovevano essere il cavallo di battaglia dell’amministrazione pentastellata targata Virginia Raggi e invece si stanno rivelando il tallone d’Achille. Parliamo dei trasporti, la voce più consistente del piano triennale degli investimenti, ma anche la più sacrificata sull’altare della tenuta dei conti. Con la grande incognita del destino di Atac, la partecipata capitolina con un debito di 1,35 miliardi avviata al concordato preventivo in continuità.

Voci e criticità
Nelle pieghe del previsionale 2018-2020 e dei documenti allegati sono tanti gli indizi di sofferenza, legata agli stretti margini di manovra del Campidoglio e alla volontà di procedere con il bilancino, soppesando attentamente ogni intervento sulla base delle risorse effettivamente disponibili. Innanzitutto un dato generale: le spese in conto capitale si riducono dai 556 milioni del 2017 ai 401,3 del 2018, di cui 13,2 milioni del Fondo pluriennale vincolato. Naturalmente in quella voce non ricadono soltanto gli investimenti in opere. Ma anche il confronto tra i piani triennali di investimenti emanati a un anno di distanza l’uno dall’altro evidenzia il freno a mano tirato: quello 2017-2019 valeva 577 milioni, di cui 430 dedicati a trasporti e mobilità sostenibile. Il nuovo piano abbassa l’asticella a 557 milioni nel triennio, di cui 255 per trasporti e mobilità. Scende in particolare a 124,4 milioni il plafond per la linea C della metropolitana dai 297 previsti nel precedente piano. Entro il 2021 dovrebbe completarsi la tratta da San Giovanni al Colosseo. Ma diminuisce anche il piano per l’acquisto di nuovi autobus: da 20 milioni del piano 2017-2019 a 15,9 milioni del 2018-2020, tutti fondi regionali a valere sul Por Fesr. Vero è che altri milioni sono in arrivo dalla Regione Lazio per il 2020 (in tutto l’amministrazione di Nicola Zingaretti impegna su Roma dal 2017 54 milioni per nodi di scambio, bus e sistemi di trasporto intelligenti).
Il discorso non cambia se il confronto viaggia solo sull’annualità 2018: il monte risorse programmato per la macrovoce mobilità e trasporti valeva 165,7 milioni nel vecchio piano e 137,4 nell’attuale. Un calo del 17% che sale al 22% se si considerano esclusivamente i trasporti pubblici locali su strada (corsie preferenziali e nuovi bus) e si ferma invece al 12% (da 13,2 a 10,2 milioni) se l’attenzione si sposta sui servizi su ferro (da 128 a 112 milioni), dalle nuove linee tranviarie alle metropolitane. Incluse le futuribili funivie tra la stazione della linea B1 Jonio e il quartiere della Bufalotta, alla periferia Est della Capitale, e tra la fermata Battistini della linea A e Casalotti, nel quadrante opposto della città: si progetta di investire per ora 458mila euro. All’appello manca la terza funivia (Magliana).

Il nodo dei trasporti
La partita trasporti si gioca su più campi ed è una delle più animate al tavolo per Roma voluto dal ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda. Le aziende romane hanno segnalato la mobilità come principale criticità del territorio. Il dossier Mise sui trasporti vale 242 milioni, assorbiti per 200 milioni dall’acquisto di 520 nuovi bus tra diesel E6, metano e ibridi. Una boccata d'ossigeno per Atac, che ha un parco mezzi di 2.082 bus dall'età media di 11,6 anni, di cui neanche 1.400 circolanti nelle ore di punta. Ieri è andato a fuoco l’ennesimo veicolo. Nei primi dieci mesi del 2017 le corse saltate sono state un milione.
Secondo la tabella di marcia, entro il 2020 dovrebbero essere acquistati i primi 168 mezzi. Per comprarne 28 già nel 2018 è necessario che il Comune stanzi 6 milioni a titolo di cofinanziamento per accedere ai 18 milioni già previsti dal ministero delle Infrastrutture. Di queste somme nel piano investimenti non c’è traccia. Ma il lavoro è in fieri e uno dei meriti del tavolo è quello di riordinare le varie somme a disposizione della Capitale dalle varie istituzioni. Per gli anni successivi al prossimo si conterebbe su altri 134 milioni ricavabili dalla partecipazione a futuri bandi Mit e Mise sulla mobilità innovativa, come previsto dalla legge di bilancio 2018. In quella occasione il contributo chiesto al Campidoglio salirebbe a 26 milioni. Ma non sarebbe soltanto economico: servirebbe uno slancio progettuale che il Mise non vede. Da qui l’irritazione di Calenda e le parole al vetriolo sulla sindaca «turista per caso».
L’amministrazione capitolina naviga a vista. La manovra - sostengono a Palazzo Senatorio - mette i conti in sicurezza, non taglia la spesa corrente nonostante la riduzione delle entrate e mantiene uno sforzo sugli investimenti, che potranno essere rimpolpati nel corso dell’anno. I margini per osare di più sulle opere non ci sono. Il peso dei vincoli all’indebitamento e all’utilizzo dell’avanzo - è la tesi - erodono spazi di finanza già limitati.  La sindaca ha ribadito di nuovo la richiesta di autonomia finanziaria e più poteri per Roma Capitale, sostenendo che «ci sono 3 milioni di persone che pagano i servizi per 4,5 milioni». Sono sempre più lontani i tempi dei Cinque Stelle all’opposizione che brandivano un piano di recupero di sprechi e e mancati introiti da 1,2 miliardi. La coperta è corta, i bilanci sono un bagno di realtà.

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