Fisco e contabilità

Per la riscossione «salvi» i contratti in corso

di Giuseppe Debenedetto

I privati che effettuano per conto dei Comuni le attività di supporto all'accertamento e alla riscossione delle entrate locali devono essere iscritti all'albo ministeriale. Lo prevede il Dl 148/2017 nella versione licenziata dal Senato e ora in corso di approvazione definitiva alla Camera (si veda Il Quotidiano degli enti locali e della Pa del 16 novembre).

Il problema dell’Albo
Oggi è iscritta all'albo nazionale dei soggetti abilitati ad effettuare l'attività di accertamento e riscossione delle entrate (articolo 53 Dlgs del 446/1997 e Dm 289/2000) un'ottantina di società. L'albo, divenuto operativo verso la fine del 2002, è nato per garantire l'affidabilità di soggetti privati incaricati di ingerirsi in modo rilevante nelle attività degli enti locali dedicate al reperimento delle entrate, con la previsione di requisiti finanziari, di onorabilità e di capacità tecnica, disciplinati dal Dm 289/2000.
Il perimetro di azione dell'albo è sempre stato oggetto di contrasti giurisprudenziali, in particolare sulle attività strumentali e propedeutiche alla gestione delle entrate. Da una parte è stata ritenuta obbligatoria l'iscrizione anche per l'affidamento di queste attività (Consiglio di Stato n. 2792/2003, Tar Brescia n. 393/2014), dall'altra parte è stato invece affermato che l'iscrizione all'albo è «necessaria soltanto per l'affidamento dei servizi di accertamento e riscossione dei tributi», non in caso di attività di supporto (Consiglio di Stato n. 1878/2006). Posizione, quest'ultima, ribadita dai giudici amministrativi sul rilievo che si tratta di attività senza maneggio di denaro pubblico (Consiglio di Stato n. 1421/2014 e n. 380/2017, Tar Bari n. 424/2016, Tar Lazio n. 5470/2016).

La soluzione del decreto fiscale
Il decreto fiscale risolve la questione alla luce di considerazioni così sintetizzabili:
1) l'albo non riguarda solo la riscossione ma anche l'accertamento, per cui il «maneggio» di denaro potrebbe anche mancare;
2) l'articolo 2 del Dm 289/2000 include tra le attività riservate ai soggetti iscrivibili all'albo anche le «attività connesse e complementari indirizzate al supporto delle attività di gestione tributaria e patrimoniale»;
3) esiste un consolidato orientamento giurisprudenziale che consente ai Comuni di richiedere ulteriori requisiti per l'ammissione alla gara (Consiglio di Stato nn. 1761/2013, 3809/2011 e 4889/2012), per cui non si capisce perché l'ente non potrebbe chiedere il requisito di iscrizione all'albo.
Ragionando diversamente sarebbe inutile tenere un albo nazionale, specie dopo l'introduzione di sistemi di versamento (F24, conto corrente di tesoreria, eccetera) che hanno eliminato il maneggio di denaro (articolo 2-bis del Dl 193/2016 sulla riscossione spontanea). Sarebbe stato opportuno rivedere anche il capitale minimo per l'iscrizione all'albo (attualmente con tre classi, da 1, 5, 10 milioni, a seconda della popolazione degli enti), ma potrebbe farlo il ministero dell'Economia in forza dell'articolo 3 del Dl 40/2010.
La nuova disposizione, non avendo valenza retroattiva, è comunque applicabile ai bandi di gara pubblicati a partire dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del Dl 148/2017. I contratti in corso restano invariati fino alla scadenza.

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