Fisco e contabilità

Tari, superficie standard dell’80% solo se mancano misurazioni puntuali

di Maurizio Bonazzi

I contribuenti che in questi giorni stanno rispolverando gli avvisi di pagamento della tariffa sui rifiuti per verificare se il Comune ha determinato correttamente la quota variabile della tassa in presenza di pertinenze (si veda il Quotidiano degli enti locali e della Pa del 15 novembre), daranno, con ogni probabilità, un'occhiata anche ai criteri di calcolo della quota fissa per la quale, è bene precisare, che ciò che rileva è la superficie calpestabile e non l'80% di quella catastale determinata secondo i criteri del Dpr 138/1998.
Lo ha chiarito il dipartimento delle Finanze rispondendo a un Comune veneto che domandava se fossero fondate le richieste di alcuni contribuenti i quali, sulla scorta del comunicato stampa dell'Agenzia delle entrate del 9 novembre 2015, invocavano la determinazione della base imponibile della Tari in misura pari all'80% della superficie catastale come previsto dal comma 647 dell'articolo 1 della legge 147/2013. Con il comunicato, le Entrate hanno annunciato di aver reso disponibile la «superficie ai fini TARI» di 57 milioni di immobili censiti nelle categorie dei gruppi A, B e C, così da «consentire ai cittadini di verificare con facilità i dati utilizzati dai Comuni ai fini del controllo della tassa rifiuti» attraverso una semplice consultazione della visura catastale.

La posizione delle Finanze
Condividendo la posizione espressa dal Comune, il Mef, con la nota n. 26575/2017, ha però chiarito che, seppur è vero che il comma 647 dell'articolo 1 della legge 147/2013 prevede che la base imponibile della Tari è determinata in misura pari all'80% di quella catastale, altrettanto certo è che il comma 645 dell'unico articolo della legge 147/2013 sancisce che fino all'emanazione di un provvedimento - con il quale il direttore dell'Agenzia delle entrate attesterà il completamento delle procedure per l'allineamento tra i dati catastali e quelli riguardanti la toponomastica e la numerazione civica interna ed esterna di ciascun Comune, e che fino a oggi non ha visto la luce - la superficie delle unità immobiliari a destinazione ordinaria assoggettata alla Tari resta il 100% di quella calpestabile, quindi senza soluzione di continuità rispetto ai previgenti regimi (Tarsu, Tia e Tares).

Attività di accertamento
Il Mef ha poi precisato che il criterio della superficie catastale resta in ogni caso applicabile con riguardo all'attività di accertamento dei Comuni in virtù di quanto previsto dal comma 646 dell'articolo 1 della legge 147/2013. Il che sta a significare che l'ufficio tributi può presuntivamente considerare come superficie calpestabile l'80% di quella catastale, ma, è da ritenere, solo nel caso in cui non abbia potuto effettuare delle misurazioni puntuali attraverso le planimetrie oppure accedendo direttamente ai locali. Considerando che è dall'anno 2005 (quando ancora vigeva la Tarsu) che i Comuni possono accertare i contribuenti sulla base dell'80% della superficie catastale, resta ancora aperto il problema generato dal comma 686 dell'articolo 1 della legge 147/2013 il quale dispone che ai fini della Tari «restano ferme le superfici dichiarate o accertate» ai fini Tarsu, Tia 1, Tia 2 o Tares, per cui può verificarsi che nello stesso Comune vi siano contribuenti chiamati a pagare la quota fissa della Tari sulla superficie calpestabile e altri (quelli accertati con il metodo presuntivo di cui all'articolo 70, comma 3, del Dlgs 507/1993) sull'80% di quella catastale.

La nota del ministero dell’Economia e delle Finanze

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