Fisco e contabilità

Tari 2018 a rischio su coefficienti e fabbisogni standard

di Stefano Baldoni (*) - Rubrica a cura di Anutel

La determinazione delle tariffe della tassa sui rifiuti per l'anno 2018 dovrà tenere conto della cessazione delle disposizioni derogatorie concernenti i coefficienti di produttività dei rifiuti, oltre che dell'incidenza dei fabbisogni standard. Con il rischio di aumenti imprevisti per alcune categorie di attività economiche e famiglie oltre che di potenziali scoperture sul bilancio di previsione dei Comuni.

Le deroghe ai coefficienti
L'articolo 1, comma 652, della legge n. 147/2013 ha consentito ai Comuni, nella determinazione dei coefficienti per il calcolo della quota variabile delle utenze domestiche (Kb) e delle quote fissa e variabile delle utenze non domestiche (Kc e Kd) per il periodo 2014-2017, di derogare ai limiti massimi e minimi stabiliti dalle tabelle allegate al Dpr n. 158/1999, nella misura massima del 50% del loro ammontare. Inoltre, per il medesimo periodo, è stata data facoltà ai Comuni, nel calcolo della quota fissa delle utenze domestiche, di non considerare i coefficienti Ka, vale a dire di determinare tale quota senza tenere conto dell'incidenza del numero degli occupanti, basandola solo sulla superficie del locale.
Al momento predette disposizioni derogatorie non risultano prorogate nello schema di legge di bilancio 2018, con la conseguenza che tutti i Comuni dovranno rientrare all'interno dei parametri di legge nella fissazione dei coefficienti per il calcolo delle tariffe 2018, determinando in tale modo probabili incrementi delle tariffe applicate ad alcune categorie di attività che presentano elevati coefficienti di produttività dei rifiuti (ad es. ortofrutta, pizzerie, fiorai, ecc.). Negli anni passati diversi enti si sono avvalsi della predetta deroga normativa, optando per alcune categorie di utenze per la scelta di coefficienti inferiori al livello minimo di legge, allo scopo di mitigare il rilevante incremento che si sarebbe verificato con il passaggio dalla vecchia Tarsu alla Tares prima e alla Tari poi. Con il medesimo scopo perequativo i medesimi enti hanno sovente utilizzato coefficienti di produttività dei rifiuti superiori al massimo per quelle categorie di utenti invece particolarmente agevolate con il passaggio alla Tari.
Le linee guida per l'elaborazione delle tariffe Tares, rese disponibili nel sito del ministero dell'Economia e delle finanze nel 2013, avevano già evidenziato come gli enti potevano muoversi con una certa libertà all'interno dei range individuati dal “metodo normalizzato”, anche se, al fine di evitare eccessive disparità di trattamento tra gli utenti, consigliano di non fissare coefficienti troppo vicini al massimo o al minimo. Le medesime linee guida evidenziano comunque la possibilità per gli enti di derogare ai limiti minimi e massimi del Dpr n. 158/1999, a condizione però che si dimostri, in base a una specifica e rigorosa indagine, l'esistenza di circostanze particolari riferite a una specifica situazione locale e produttiva, non contemplata dai compilatori delle tabelle nel lontano 1999. In merito alla discrezionalità nella scelta dei coefficienti, anche recentemente la giurisprudenza ha evidenziato come gli enti non abbiano un obbligo di motivazione se rispettano i limiti imposti dalla legge (Tar Lecce, sentenza n. 486/2016, nella Tarsu Cassazione sentenza n. 11966/2016-8351/2015-7044/2014), pur se in presenza di precedenti pronunce in senso contrario (Consiglio di Stato, sentenza n. 5616/2010).
La facoltà derogatoria di cui sopra interessava anche i coefficienti impiegati per le tariffe delle utenze domestiche, con il rischio che il suo superamento determini nel 2018 un incremento del prelievo nei confronti delle famiglie più numerose.

I fabbisogni standard
Con i piani finanziari 2018 deve applicarsi anche la norma del comma 653 dell'articolo 1 della legge 147/2013, in base alla quale “a partire dal 2018, nella determinazione dei costi di cui al comma 654, il comune deve avvalersi anche delle risultanze dei fabbisogni standard”.
La norma si riferisce ai fabbisogni approvati con il Dpcm 29 dicembre 2016, il quale ha fornito, tra l'altro, le specifiche tecniche utilizzate per il calcolo del fabbisogno standard relativo al servizio di gestione dei rifiuti. Quest'ultimo costituisce una elaborazione statistica che, partendo da alcune variabili relative al servizio (di contesto, di gestione, di territorialità, ecc.), consente di stimare secondo tecniche di regressione lineare multipla il costo complessivo del servizio che l'ente dovrebbe sostenere. Si tratta quindi di un dato frutto dell'analisi svolta dalla Sose sulla base delle informazioni fornite dai Comuni con i questionari somministrati negli anni passati.
I fabbisogni standard si presentano per molti Comuni ben inferiori ai costi effettivi del servizio che risultano dai piani finanziari degli enti. Pertanto ove dovesse prevalere una lettura rigorosa della norma del comma 653, tale da impedire l'inserimento del piano finanziario di costi superiori ai fabbisogni standard, per diversi enti si determinerebbe una mancata copertura con la tassa del differenziale tra i costi effettivi e fabbisogni. Costi quest'ultimi che per effetto dei contratti in essere difficilmente possono contrarsi nel breve periodo. D'altro canto si può osservare che la norma di legge dispone solo che i Comuni debbano avvalersi anche (e quindi non solo) dei fabbisogni standard nel calcolo dei costi del piano finanziario, ben potendo quindi inserire costi effettivi superiori. In questo caso comunque non appare di agevole comprensione come i fabbisogni debbano incidere sulla determinazione dei costi del piano, anche alla luce della operazione non banale volta a cercare una corrispondenza tra gli elementi di costo considerati nel conteggio dei fabbisogni standard e le voci del piano finanziario previste dal Dpr 158/1999.
L'incertezza applicativa della disposizione del comma 653, che potrebbe anche essere foriera di possibili contestazioni in ordine ai criteri adottati dagli enti nella predisposizione dei piani finanziari, suggerisce forse che più opportunamente la stessa sia rinviata dal legislatore in attesa di chiarimenti operativi ufficiali.

(*) Vice Presidente Anutel - Docente Anutel

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