Fisco e contabilità

Investimenti, il menu della manovra per gli enti locali

Più fondi per il “Patto verticale”, con un possibile allargamento della lista di priorità per assegnare i bonus, e una maggiore flessibilità nelle regole per evitare che i ritardi procedurali blocchino le risorse. Si è mosso su questo doppio binario il lavoro dei tecnici del governo sulle novità per gli enti locali in vista della legge di bilancio attesa oggi al consiglio dei ministri. In fatto di amministrazioni locali sono gli investimenti a dominare l’attenzione, in una legge di bilancio che dovrà però occuparsi anche di risorse correnti, in particolare per Città metropolitane e Province, e sui piccoli Comuni. Come ogni anno, solo una parte degli interventi troverà spazio nel disegno di legge licenziato dal governo, lasciando il resto al lavoro parlamentare: ma capitoli e contenuti sono ormai definiti.

Investimenti

La spinta a impegni e pagamenti in conto capitale è la preoccupazione principale del governo, con l’obiettivo di attivare il motore che finora è mancato alla ripresa. A dire la verità, i numeri elaborati dall’Ifel disegnano un quadro migliore rispetto alle analisi pessimistiche circolate nei mesi scorsi. Fra 2015 e 2016, è vero, gli investimenti sono crollati al Sud (-39% in termini di impegni, -37% per cassa), ma il dato è influenzato dal picco di spesa prodotto nel 2015 dalla chiusura del vecchio ciclo di programmazione dei fondi europei. Nel resto del Paese, dov’è questa variabile non interviene, la situazione è diversa: nelle amministrazioni del Centro il ritmo è stabile (+4% negli impegni, -1% nei pagamenti), mentre al Nord la spinta è in netto aumento (+11% di competenza, e +22% di cassa). L’obiettivo, allora, è di sostenere chi già corre e di aiutare chi fatica. Per questa ragione, le regole per la distribuzione degli spazi di investimento avranno un occhio di riguardo per le amministrazioni con avanzi di amministrazione, concentrate al Nord, ma si occuperanno anche di chi, in particolare al Centro-Sud, non ha molta benzina nel motore. È proprio per questa ragione la manovra punta a metter qualche centinaio di milioni in più sulla dotazione già prevista (700 milioni) del patto nazionale.

Appalti e regole

Ma sulla strada degli investimenti ci sono anche ostacoli normativi da rimuovere, nonostante l’effetto-blocco prodotto dalla riforma del Codice appalti sia stato di fatto superato dopo il disorientamento dei primi mesi (alimentato anche dalla mancata previsione di una fase di transizione). Al ministero delle Infrastrutture i tecnici di Graziano Delrio hanno lavorato a una norma per favorire nelle gare le imprese a basso tasso di contenzioso, con l’obiettivo di scoraggiare i professionisti della carta bollata, mentre all’Economia si è ragionato sulle norme contabili. Sotto esame è finita in particolare la regola (punto 5.4 del principio contabile sulla contabilità finanziaria, allegato 4.2 al Dlgs 118/2011), che ha permesso di accantonare nel Fondo pluriennale vincolato di spesa le risorse in conto capitale per finanziare gli investimenti da pagare nel 2017. Il rischio, accentuato proprio dalla fase di adattamento al nuovo Codice appalti, è però di dover tornare a congelare nell’ava no le risorse che non si spendono entro fine anno, per cui si lavora sull’ipotesi di concedere anche il 2018 ai Comuni che abbiano comunque avviato almeno la fase di progettazione.

Fondo crediti

Il lavoro di lima sull’armonizzazione contabile guarda però anche alla parte corrente, e in particolare agli accantonamenti al Fondo crediti di dubbia esigibilità che già ora blocca oltre tre miliardi di euro. L’anno prossimo la quota da accantonare dovrebbe passare dal 70% all’85% delle mancate riscossioni, per arrivare al 100% nel 2019, ma dal governo sono arrivate aperture all’ipotesi di una progressione più morbida. L’idea è di allineare il calendario a quello già previsto per capacità fiscali e costi standard, con l’entrata a regime dal 2021. Più complicata appare una revisione anche di quest’ultimo aspetto, chiesta a più riprese dai Comuni preoccupati dagli effetti collaterali dei meccanismi standard su singole classi di enti; il “superamento della spesa storica” è stato rivendicato come un successo anche dal premier Gentiloni all’assemblea Anci, per cui un ripensamento sul tema sembra difficile.

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