Fisco e contabilità

Bilanci, perequazione verso il miliardo ma con l’incognita fiscale

Nel fondo di solidarietà del prossimo anno la quota di risorse distribuite sulla base degli «standard» dovrà superare il miliardo di euro, e le cifre Comune per Comune dovranno arrivare in autunno, per centrare almeno una volta la chimera del preventivo approvato prima dell’esercizio finanziario di riferimento.
C’è anche questa ambizione alla base dell’accordo firmato nei giorni scorsi in Conferenza Stato-Città (come scritto sul Quotidiano degli enti locali e della Pa del 26 luglio) sui nuovi criteri di calcolo delle «capacità fiscali», vale a dire il gettito standard delle risorse proprie comunali che insieme ai fabbisogni decidono l’assegnazione dei fondi lontano dalla spesa storica. L’intesa aggiorna i meccanismi di calcolo e fissa le capacità fiscali comunali a quota 25,2 miliardi, in attesa di un accordo su come sterilizzare anche dai fabbisogni standard il servizio rifiuti.

Lo sblocco delle aliquote fiscali
Su questo percorso, però, pesa un’incognita politica, che si aggiunge alle incertezze strutturali nel complicato quadro della finanza locale: dando l’intesa sulle nuove capacità fiscali, che ora attendono il via libera finale del Parlamento a settembre, i sindaci hanno fatto mettere a verbale una condizione per andare avanti sul percorso della perequazione: lo sblocco delle aliquote dei tributi, congelate dal 2014 in attesa di un riordino finale del fisco locale che non arriva mai.
Lo snodo è ovviamente più politico che tecnico, anche perché l’aumento dal 40 al 55% della quota di fondo di solidarietà, al netto dei ristori Imu-Tasi, da distribuire in base alla differenza fra capacità fiscali e fabbisogni standard è già scritto nella legge (comma 380-quater della legge 228/2012, dopo l’ultima correzione nella manovra 2016): senza nuovi tagli, che al momento non sono in calendario, la base su cui applicare la perequazione nelle regioni ordinarie è di 1,885 miliardi, per cui l’incremento dal 40 al 55% nel peso degli standard porta poco sopra il miliardo (dai 753,9 milioni di quest’anno) i fondi che abbandonano i criteri storici per seguire i nuovi “standard”. A sostenere le intenzioni del governo c’è poi il fatto che la manovrina di primavera, dopo i correttivi imbarcati dalla legge di conversione, ha blindato all’articolo 14 i meccanismi di assegnazione del fondo comunale anche per i prossimi anni, dalla clausola di salvaguardia che evita salti superiori al 4% delle risorse di base fino alle modalità di distribuzione delle compensazioni ai Comuni più penalizzati dai cambi nei criteri di calcolo. Tutto questo, almeno nelle intenzioni, dovrebbe evitare  le lunghe discussioni sulle risorse comunali che accompagnano tradizionalmente le manovre d’autunno e che alimentano le incognite alla base dei successivi rinvii dei termini per i preventivi.

L’incognita fiscale
Su questa architettura pesa però l’incognita fiscale. Come mostra la discussione in Stato-Città, le amministrazioni locali hanno deciso di scaldare i motori contro il lungo blocco tributario, sulla base dell’argomento che senza la possibilità di scelte autonome sulle aliquote la perequazione disegna un meccanismo a senso unico, che gli enti devono limitarsi a subire. Ragionamento difficile da contestare sul piano tecnico, perché con l’autonomia azzoppata cade anche il concetto di «virtuosità» da incentivare che è alla base della costruzione degli standard; altrettanto difficile, però, è ipotizzare lo sblocco delle aliquote, e magari l’atteso riordino per unificare l’Imu e la Tasi, nella legge di bilancio che precederà le elezioni. La partita, insomma, appare solo all’inizio.

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