Fisco e contabilità

L’eterna incompiuta (in rosso) delle Province

A Salerno -34,8 milioni, a Brescia -19,4, a Potenza -17,5, a Lecce -16,5… La litania del rosso si allunga per 74 voci, tante quante sono le Province nelle Regioni a Statuto ordinario che ancora provano a fare i bilanci (due sono già in dissesto), e sarà recitata oggi dai sindaci-presidenti nell’audizione sul decreto correttivo in programma alla commissione Bilancio della Camera. Le cifre, e qui c’è il problema, arrivano però dal ministero dell’Economia, che con la Sose (è la stessa società che calcola gli indici degli studi di settore) ha misurato i fondi di cui le Province avrebbero bisogno per svolgere le funzioni rimaste dopo la riforma, cioè in primis la manutenzione di strade e scuole superiori, e la distanza che li separa dalle risorse che effettivamente hanno a disposizione.
In totale lo squilibrio è da 650 milioni, il decreto enti locali confluito nella manovrina ne mette 210 fra nuovi aiuti e assegni Anas e al conto ne mancano quindi 440, con gli amministratori locali che hanno già presentato esposti alle Prefetture e ora chiedono nuovi fondi.

Fin qui i numeri e la battaglia politica, che si recita però su un copione ormai invariato da tre anni con il più classico schema delle riforme impantanate nell’eterna palude italiana. La riforma in questione, ovviamente, è quella scritta nel 2014: arrivata dopo un decennio abbondante di dibattiti sull’«abolizione delle Province», la legge Delrio che ha alleggerito funzioni e organici di questi enti avrebbe dovuto rappresentare l’antipasto della loro cancellazione, scritta però nella legge costituzionale bocciata dal referendum del 4 dicembre.

A questo punto il pasticcio è completo. Mentre si profilano all’orizzonte i ricorsi in Corte costituzionale perché tutto l’impianto della Delrio poggia sull’«attesa della riforma del Titolo V» (comma 56), i conti continuano a non tornare. Sull’onda della riforma, la legge di stabilità 2015 ha previsto tagli progressivi fino a tre miliardi, con uno slancio di audacia che non ha però trovato riscontro nella realtà.

È nata da qui la lunga teoria di pezze temporanee che il governo ha dovuto mettere in questi anni per evitare i discorsi a catena; sulla stessa linea si colloca il nuovo decreto omnibus, con i 210 milioni raccolti a fatica per ridurre un po’ il buco. A certificare il problema c’è il fatto che ancora una volta le Province potranno scrivere bilanci solo annuali (in realtà semestrali, visto che la scadenza è stata spostata al 30 giugno): nell’attesa, ormai eterna, che si decida davvero che cosa fare di questi enti semi-aboliti.

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