Fisco e contabilità

Entro l'estate governo obbligato a emanare il decreto di assimilazione dei rifiuti

di Pasquale Mirto

Il ritardo decennale cumulato finora per l'emanazione del decreto di assimilazione di rifiuti forse terminerà grazie alla sentenza del Tar. Il Tribunale amministrativo del Lazio, che, con la decisione n. 4611 del 13 aprile 2017, ha ordinato al ministero dell'Ambiente di emanare entro 120 giorni il fatidico decreto sull'assimilazione.

Vicenda e sentenza
La vicenda nasce da una diffida notificata da una società il 12 maggio 2016 al ministero dell'Ambiente, il quale dopo 10 anni non ha ancora emanato il decreto previsto dall'articolo 195, comma 2, lettera e) del Dlgs 152/2006, norma questa che, nella sua formulazione attuale, rimette alla competenza statale la «determinazione dei criteri qualitativi e quali-quantitativi per l'assimilazione, ai fini della raccolta e dello smaltimento, dei rifiuti speciali e dei rifiuti urbani». Il decreto è di competenza del ministero dell'Ambiente, di concerto con quello dello Sviluppo economico, e doveva essere emanato entro 90 giorni.
La società ricorrente, operante nel settore del recupero e del riciclaggio di materiali a base di cellulosa, si è lamentata del fatto che la mancata emanazione del decreto che definisce il perimetro entro il quale i Comuni possono disporre l'assimilazione dei rifiuti speciali agli urbani, l'ha gravemente danneggiata, sia perché con l'assimilazione si è determinata una «ingiusta sottrazione di risorse e beni al mercato privato» sia perché l'assimilazione operata dai Comuni la sottopone a un elevato versamento della Tari.

La disciplina vigente
Al riguardo, va rammentato, che la mancata emanazione del decreto ministeriale in questione fa si che l'unica disciplina a cui oggi è possibile far riferimento sia la delibera del Comitato interministeriale 27 luglio 1984 e le sostanze assimilabili sono quelle elencate al punto 1.1.1 di tale delibera.
L'assimilazione è quindi oggi rimessa alla potestà comunale, la quale deve indicare i rifiuti assimilati sia per quantità sia per qualità. In generale, l'assimilazione comporta l'obbligo di conferimento al servizio pubblico di tali rifiuti e quindi l'imponibilità ai fini Tari delle relative superfici di produzione, salvo la possibilità di vedersi riconosciute riduzioni, variamente regolamentate, nel caso in cui il produttore dimostri di aver avviato al riciclo, direttamente o tramite società autorizzate.
Specularmente, però, l'assimilazione comporta anche la sottrazione dei rifiuti speciali al mercato, ed è questo poi il motivo che ha portato alla causa decisa dal Tar.

In attesa del decreto
Il Tar precisa che il carattere ordinatorio del termine di 90 giorni, la natura discrezionale e non vincolata del potere amministrativo «non giustifica, un ritardo, quale quello, in concreto, verificatosi nella fattispecie».
In sentenza si dà atto che il ministero dell'Ambiente ha avviato le attività propedeutiche all'adozione del decreto in questione. Si tratterà ora di vedere se sarà rispettato il termine di 120 giorni concesso.
Infine, va evidenziato che il decreto ha evidenti profili di delicatezza, perché, come detto, il perimetro di assimilazione ha un'influenza sul gettito Tari. Soluzioni molto lontane da quelle oggi in vigore possono determinare effetti rilevanti sul gettito tributario, con riflessi non indifferenti sulle tariffe. Allo stesso tempo, occorre tener conto che i criteri di assimilazione adottati finora hanno determinato modelli organizzativi e industriali, oltre che investimenti, di cui occorre necessariamente tenerne conto.

La sentenza del Tar Lazio n. 4611/2017

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