Fisco e contabilità

Trivelle, baluardo sull’Imu già pagata

La norma di interpretazione autentica inserita nel decreto con la manovrina secondo la quale le piattaforme petrolifere non sarebbero soggette a Ici, Imu e Tasi «in quanto non costituiscono fabbricati iscritti o iscrivibili nel catasto fabbricati» è destinata ad alimentare non solo discussioni politiche ma anche il contenzioso.
Nel corso del 2016 la Cassazione si era pronunciata per l’imponibilità delle piattaforme petrolifere (sentenze 3618/2016 e 19510/2016, si veda il Quotidiano degli enti locai e della Pa del 15 marzo 2016 e del 7 ottobre 2017), contrariamente a quanto sostenuto dal ministero delle finanze nella risoluzione 3/Df del 1° giugno 2016.
Al di là delle aspettative di incasso di molti Comuni, che non hanno ancora emesso gli atti di accertamento Imu fino al 2016, occorre capire cosa accade per le posizioni già definite o in corso di definizione.

Le posizioni già definite o in corso di definizione
Con riferimento agli atti di accertamento coperti da sentenza passata in giudicato, non dovrebbe esserci alcun problema in merito al fatto che il Comune non è tenuto a restituire quanto già incassato.
Lo stesso discorso vale per gli atti di accertamento pagati e non impugnati. Un’eventuale domanda di rimborso in questo caso dovrebbe essere illegittima, perché il suo accoglimento permetterebbe la riapertura dei termini per l’impugnazione di atti divenuti definitivi (in tal senso, si veda la sentenza 4760/2009 della Cassazione). Né potrebbe essere una valida argomentazione il fatto che l’atto rechi una pretesa dichiarata illegittima in base a una norma sopravvenuta, perché anche in questo caso la mancata impugnazione di un atto di per sé illegittimo autorizza l’ente a pretenderne il pagamento (ancora Cassazione, sentenza 8557/2016).

Accordi stragiudiziali
Molti Comuni, però, invece di utilizzare gli strumenti offerti dalla disciplina sul contenzioso tributario hanno definito la questione con accordi stragiudiziali, prevedendo l’esclusione della sanzione oppure una rideterminazione dei valori, visto che si tratta comunque di immobili da valorizzare a scritture contabili, e anche sulle componenti da considerare c’era incertezza. Anche in questo caso non dovrebbero esserci problemi, perché un’eventuale richiesta di “annullamento” dell’accordo farebbe comunque rivivere gli atti di accertamento originari, non impugnati, e con importi ovviamente superiori a quelli definiti in sede stragiudiziale. Ovviamente, ne nascerà comunque un contenzioso, anche considerando che gli importi in gioco sono consistenti e sono già confluiti nei bilanci comunali, ma non si dovrà più far affidamento alla funzione nomofilattica della Cassazione; perché se quanto statuito dai giudici di Piazza Cavour non piace, si farà presto a scrivere un’altra leggina di interpretazione autentica.
Forse il tira e molla fra giudici e legislatore potrebbe portare a sollevare una questione di legittimità costituzionale, e le occasioni non mancheranno perché sono ancora tante le controversie pendenti sia innanzi le commissioni tributarie sia innanzi la stessa Corte di Cassazione.

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