Fisco e contabilità

Danno erariale al consigliere comunale che non si astiene anche se la delibera è approvata all’unanimità

di Giuseppe Nucci

Ai fini della responsabilità amministrativo-contabile, l'obbligo di astensione del consigliere comunale rileva anche quando la deliberazione è approvata all'unanimità.
Questo è il principio ribadito dalla sentenza n. 26 del 7 marzo 2017 della Corte dei conti,
sezione per la Sardegna.

Il fatto
A seguito di un ricorso presentato da un privato, il Tar annullava una deliberazione del
Consiglio comunale - con la quale era stato disposto di non accogliere una richiesta di
edificazione, presentata dalla ricorrente - ritenendo “dirimente” la violazione dell'articolo 78, comma 2, del Dlgs n. 267/2000 (Testo unico delle leggi sull'Ordinamento degli Enti Locali) e, cioè, la partecipazione di un consigliere comunale alla seduta ed alla votazione, nonostante egli fosse il proponente del piano di lottizzazione ritenuto dal Consiglio ostativo all'accoglimento dell'istanza.
In altri termini, dalla partecipazione al voto del consigliere - in situazione di conflitto di interesse - sarebbe derivata l'illegittimità della deliberazione, con la conseguente soccombenza dell'Amministrazione e la condanna alle spese di giudizio ammontanti complessivamente a € 8.815,16.
A seguito di ciò la Procura erariale citava il consigliere comunale che negava la propria responsabilità affermando che:
• il Tar avrebbe comunque accolto il ricorso anche per altri motivi;
• il suo voto non era stato determinante perché la delibera era stata approvata all'unanimità;
• nessuno lo aveva richiamato sulla necessità di astenersi.

La rilevanza della partecipazione
Il Collegio, in primo luogo, chiariva che nonostante le altre censure mosse dal Tar, quella relativa alla partecipazione al voto del consigliere in conflitto d'interessi era risultata dirimente per l'annullamento della deliberazione.
Inoltre, la Sezione precisava come l'obbligo di astensione abbia trovato regolamentazione nel nostro ordinamento da tempo assai risalente (in proposito veniva riportato un excursus normativo a partire dal Testo unico degli enti locali del 1915), tra l'altro coerentemente con costante giurisprudenza secondo la quale tale obbligo è espressione di un principio correlato ai canoni costituzionali d'imparzialità e di buon andamento di cui all'articolo 97 Costituzione, giungendo a sostenere che, ancorché non normativamente previsto, risulta necessario l'allontanamento dell'obbligato all'astensione, poiché la sua sola presenza in aula è considerata idonea ad influenzare il deliberato.

La responsabilità del Consigliere comunale
In definitiva, il Giudice riconosceva la responsabilità del consigliere in quanto:
• sussisteva una significativa divergenza tra il comportamento in astratto esigibile e quello tenuto in concreto, in violazione di espressa disposizione di legge, il cui chiaro tenore letterale non lasciava adito ad alcun dubbio sulla necessità dell'astensione;
• era circostanza ben nota (o, comunque, con un minimo grado di diligenza, conoscibile) che la partecipazione di un componente di organo collegiale ad una deliberazione, in violazione dell'obbligo di astensione, l'avrebbe radicalmente inficiata;
• la votazione del Consiglio all'unanimità - della deliberazione poi annullata - non rileva ai fini del determinarsi del vizio procedurale che ne ha comportato l'annullamento.
Pur dovendosi individuare nella condotta del convenuto la fonte del danno erariale, costituito dalle spese del giudizio sostenute dal Comune, si evidenzia un concorso di cause avente l'effetto di mitigare l'addebito scomputando in via equitativa il quantum riferibile ad altri soggetti e ridurre il danno da ascrivere al Consigliere, in via equitativa, nella complessiva somma di € 4.000.

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