Fisco e contabilità

Niente Iva sulla tariffa rifiuti, rimborso con termine decennale

Non è dovuta l’Iva sulla Tariffa rifiuti (quella regolata dall’articolo 49 del Dlgs 22/97), in quanto si tratta di una entrata tributaria che non è quindi corrispettiva di un servizio. È corretta inoltre l’individuazione del termine prescrizionale di 10 anni per richiedere la restituzione dell’imposta, in luogo del termine breve di 5 anni.
L’ordinanza n. 5627, depositata ieri dalla sezione terza della Corte di Cassazione, ribadisce e rafforza principi consolidati nella giurisprudenza di legittimità.
Va innanzitutto evidenziato che il prelievo di cui si discute è la “tariffa Ronchi”. Si tratta, peraltro, di tariffa abrogata a partire dal 2013 e già in precedenza applicata non in tutti i comuni.

La qualificazione tributaria del prelievo
La Corte di Cassazione prende le mosse dalla qualificazione tributaria del prelievo, ampiamente riconosciuta sia dalla Corte Costituzionale (sentenza 238/2009) che dalle Sezioni Unite della Cassazione (sentenza 5078/2016).
Partendo da tale considerazione, si fa notare come l’importo pagato dagli utenti non corrisponda effettivamente al servizio reso, atteso che l’obbligo di corresponsione sorge anche nell’ipotesi in cui il soggetto passivo non utilizzi affatto il servizio pubblico. Si aggiunga a ciò che, trattandosi di una privativa di legge, non è ravvisabile alcuna volontarietà nella soggezione a tariffa da parte dell’utente. La valorizzazione della necessità di un nesso diretto, di natura sinallagmatica, tra prestazione di servizi e somma pagata viene peraltro suffragata da ampie citazioni della Corte di Giustizia Ue. Né vale dedurre la natura di società privata del soggetto gestore, poiché il modulo organizzativo prescelto per la gestione non muta, secondo la Corte, la riferibilità del prelievo ai comuni. Per questo motivo torna comunque applicabile, sotto altro e concomitante profilo, l’esenzione da Iva di carattere soggettivo prevista nell’articolo 13 della direttiva 112/2006, in caso si discuta dell’esercizio di prerogative autoritative tipiche degli enti pubblici.

Il termine di prescrizione
Quanto all’individuazione deltermine di prescrizioneper la ripetizione dell’indebito, la pronuncia della Corte di cassazione ha ritenuto di confermare il termine decennaleindividuato già in prima istanza dal giudice di pace e poi ribadito dal Tribunale.
Viene al riguardo osservato, in primo luogo, che se è vero che è applicabile il termine breve quinquennale di prescrizione con riferimento ai crediti aventi ad oggetto rapporti di durata (somministrazioni), è però altrettanto vero che il medesimo termine non riguarda l’esercizio del diritto alla ripetizione di quanto pagato da parte del debitore originario. Quest’ultimo infatti non è connotato da una causa di durata.
Si evidenzia altresì che nella specie non si discute di un rimborso d’imposta, poiché altrimenti la giurisdizione apparterrebbe alle Commissioni tributarie e non al giudice ordinario, ma della ripetizione di una quota ditariffa privadi titolo. L’unico soggetto legittimato a richiedere la restituzione dell’Iva è in realtà il soggetto gestore che vi deve provvedere entro il termine di due anni, di cui all’articolo 21, Dlgs 546/’92.
I ripetuti insegnamenti della Cassazione dovrebbero essere tenuti in attenta considerazione in sede di attuazione della nuova tariffa “puntuale” della Tari che, allo stato, non pare proprio rispettare i criteri di diritto qui ribaditi.

La sentenza della Corte di cassazione n. 5627/2017

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