Fisco e contabilità

Comuni, con la riforma della contabilità «disavanzo» da 4 miliardi

di Gianni Trovati

La riforma della contabilità ha fatto emergere a fine 2015 un disavanzo «sostanziale» da 4 miliardi concentrato in 742 Comuni, cioè in poco più del 13% dei 5.522 municipio i cui rendiconti sono stati passati al setaccio.Il dato emerge dalla relazione sulla gestione finanziaria 2015 degli enti locali diffusa ieri dalla sezione Autonomie della Corte dei conti (delibera 4/2017; clicca qui per il volume I, il volume II e il volume III).In questa cifra c'è il primo effetto complessivo dell'«operazione verità» (il copyright è sempre della magistratura contabile) rappresentata per i bilanci locali dalla riforma della contabilità, che appunto dal 2015 ha interessato tutti i bilanci comunali e non solo quelli del novero ristretto degli enti «sperimentatori».

I numeri
Tra le tante novità portate dalla riforma c'è la ridefinizione del disavanzo, scritta nell'articolo 187, comma 1 del Tuel. Nei nuovi bilanci, il classico risultato di amministrazione deve coprire le «quote vincolate, destinate e accantonate», cioè le varie forme di spese obbligate in base alle regole contabili e alla natura del loro finanziamento. Se il risultato di amministrazione non è sufficiente, emerge questo disavanzo sostanziale, che va iscritto come posta a se stante nel primo esercizio del bilancio di previsione successivo.

Bilanci rigidi
Il problema tradotto in cifre dalla nuova contabilità arriva in un periodo di bilanci sostanzialmente rigidi per le amministrazioni locali, che sul lato delle entrate fiscali continuano a veder dominare le tasse sul mattone bloccate insieme alle altre aliquote dallo stop all'autonomia tributaria. Fuori dal congelamento restano le tasse sui rifiuti, che sono però ancorate al «costo del servizio» indicato nei piani finanziari. La stasi prosegue anche sul versante delle spese, con però qualche segno di evoluzione «virtuosa» all'interno del complesso dei Comuni. In termini di impegni, che rappresentano un dato più significativo rispetto ai pagamenti effettivi perché questi ultimi sono ancora influenzati dalle varie normative «sblocca-debiti», i sindaci hanno infatti ridotto del 3,25% rispetto al 2014 la spesa per il personale, per effetto dei vincoli al turn over che si accompagnano al blocco ancora in corso dei rinnovi contrattuali; sul versante delle prestazioni di servizi, invece, gli impegni crescono del 2,96 per cento. A livello locale, anche la spending review sembra aver dato risultati importanti, facendo scendere del 6,5% la spesa per l'acquisto di beni di consumo (se si allarga lo sguardo al biennio 2013-2015 la flessione è del 13,8 per cento).

Il Patto
Quando si parla di una realtà articolata come quella dei Comuni, però, le medie sono indicative solo in parte, e bisogna concentrare l'attenzione sui segnali di crisi che arrivano dai gruppi di enti più in difficoltà. Oltre al disavanzo sostanziale, che però rappresenta un inedito in quanto legato al primo anno di attuazione generalizzata delle nuove regole di contabilità, un indicatore sensibile è rappresentato dal mancato rispetto del Patto di stabilità: nel 2015, ultimo anno di applicazione prima della sua sostituzione con il pareggio di bilancio, il Patto è stato sforato da 150 Comuni, soprattutto medio-piccoli e concentrati nelle regioni meridionali. Si tratta di una pattuglia ancora limitata ma superiore del 70% rispetto agli 88 enti fuori Patto l'anno precedente, nonostante i forti “sconti” incontrati dai vincoli alla finanza pubblica locale nel 2015.

La relazione della Corte dei conti, volume I

La relazione della Corte dei conti, volume II

La relazione della Corte dei conti, volume III

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