Fisco e contabilità

Danno erariale al presidente della partecipata che affida incarichi esterni non necessari

di Ulderico Izzo

L’affidamento di un incarico esterno deve essere preceduto da una rigorosa indagine atta a verificare se tale incarico possa essere svolto dalle professionali interne. Quando un’attività lavorativa viene svolta con personale esterno, in luogo del personale in organico, si determina un inutile dispendio di danaro pubblico e, quindi, danno erariale di cui risponde colui che ha disposto l’affidamento dell’incarico.
Così si esprime la Corte dei Conti, seconda sezione giurisdizionale d’appello con la sentenza n. 82 del 9 febbraio 2017.

Il fatto
La Procura regionale della Corte dei conti esercitava l’azione di responsabilità amministrativa nei confronti del Presidente pro tempore del consiglio di amministrazione di una società partecipata, chiamandolo a risarcire il danno arrecato alla stessa in euro 44.000; tali somme erano state erogate dalla società per due collaborazioni a progetto, di cui una per la realizzazione di un piano comprensivo del piano industriale ed economico, e l’altra per la realizzazione di un piano per l’analisi dei sistemi di raccolta differenziata per il territorio comunale.
Tali collaborazioni erano illegittime poiché non erano state valutate le risorse interne all’ente in grado di assolvere ai compiti affidati con incarichi esterni e per non avere, comunque, rispettato le regole di trasparenza e concorsualità per il loro affidamento; inoltre, per aver violato le norme poste dal legislatore per impedire e/o contenere l’aumento della spesa per il personale.

La decisione
La sentenza del giudice contabile di appello conferma la condotta negligente del Presidente del Consiglio di Amministrazione della società in questione, totalmente partecipata dal comune di L’Aquila dotata di personalità giuridica, di autonomia imprenditoriale e di un proprio statuto ai sensi dell’articolo 144 del Tuel.
Il conferimento di un incarico di consulenza a soggetti esterni all’apparato amministrativo può ritenersi legittimo ove si renda necessario per affrontare problematiche di particolare complessità o urgenza che non possano essere adeguatamente o tempestivamente risolte avvalendosi delle professionalità interne e a condizione che il medesimo incarico sia sufficientemente determinato nei suoi contenuti e nella sua durata e venga retribuito con un compenso congruo e proporzionale all’attività prestata 

Conclusioni
Non è possibile non condividere l’assetto argomentativo della decisione in rassegna, la quale ricorda come la consolidata giurisprudenza dello stesso giudice contabile ha cristallizzato i principi cui le amministrazioni pubbliche devono attenersi nel conferimento delle consulenze esterne che possono così riassumersi:
- effettiva rispondenza dell’incarico a obiettivi specifici dell’amministrazione conferente;
- esistenza di un’adeguata motivazione della delibera di conferimento dell’incarico;
- specificità e temporaneità delle prestazioni che costituiscono l’oggetto della consulenza;
- comprovata mancanza, all’interno dell’organizzazione dell’ente, di personale idoneo, sotto il profilo quantitativo o qualitativo, a sopperire alle esigenze che determinano il ricorso alla consulenza;
- proporzionalità del compenso rispetto all’attività svolta dal consulente;
- deve inoltre essere limitata a esperti di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria.

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