Fisco e contabilità

Sulle società in house decide il giudice contabile

di Giuseppe Nucci

Le responsabilità degli amministratori di società in house providing, a differenza che in quelle partecipate da enti pubblici, ricadono nella giurisdizione contabile. Questo è il principio ribadito dalla sentenza della seconda sezione centrale d'appello della Corte dei conti, n. 76 del 9 febbraio 2017.

La sentenza di primo e secondo grado
La Procura erariale citava in giudizio il Presidente del consiglio di amministrazione di una società in house di un Comune in relazione all'acquisto di un capannone industriale e di un terreno attiguo, da destinare, rispettivamente, a sede della società e a piattaforma ecologica per la raccolta differenziata, per una spesa complessiva di euro 6.657.057. Tale acquisto, però, era risultato “disutile” (come accertato dal rapporto della Guardia di Finanza, la piattaforma non era completa potendosi conferire soltanto talune tipologie di rifiuti e il capannone non era in regola con la normativa antincendio e, quindi, non risultava possibile adibire l'immobile a sede della società) ed aveva conseguentemente determinato un danno quantificato in via equitativa in euro 800.000. La sezione regionale per l'Abruzzo, con sentenza, affermava la giurisdizione contabile e, a seguito di ricorso del convenuto, sospendeva il giudizio in attesa della definizione dell'appello che, successivamente, si concludeva con la conferma della decisione di primo grado.

Tra giurisdizione contabile e civile
Il giudice di prime cure rammentava che la Corte di cassazione ha costantemente seguito l'orientamento secondo cui, sulle società partecipate dallo Stato o da altro ente pubblico, la giurisdizione per il danno arrecato dagli amministratori al patrimonio sociale spetta al giudice ordinario, sul presupposto formale dell'esistenza di un'autonoma personalità giuridica privata della società partecipata. Tuttavia, la Sezione precisava che, nel caso in cui la partecipazione pubblica sia totalitaria “e la società sia costituita per lo svolgimento di pubblici servizi o si configuri quale “longa manus” dell'ente stesso, per il rapporto di vera e propria compenetrazione organica che intercorre tra la società e l'ente pubblico “ allora “ si è in presenza di un modello organizzatorio della stessa P.A., con la conseguenza che il danno prodotto dagli amministratori al patrimonio di quella società, con finalità e patrimonio integralmente pubblici, deve qualificarsi come erariale e la giurisdizione appartiene al giudice contabile”. La Sezione centrale d'appello ritenendo sussistente tale modello organizzatorio – e quindi configurabili tutti i tratti del fenomeno dell'in house providing - ha confermato la statuizione di primo grado circa la giurisdizione contabile, in quanto si tratta di enti che - ai fini del riparto di giurisdizione - hanno delle società solo la forma esteriore ma, in realtà, costituiscono delle articolazioni della pubblica amministrazione da cui promanano.

Le società in house providing
Nelle sentenze di primo e secondo grado assume valore centrale la nozione di società in house in quanto il carattere strumentale delle società interamente partecipate e le caratteristiche emergenti dall'esame della disciplina comunitaria (capitale totalmente pubblico, controllo esercitato dall'aggiudicante sull'affidatario di «contenuto analogo» a quello esercitato dall'aggiudicante stesso sui propri uffici, svolgimento della parte più importante dell'attività dell'affidatario in favore dell'aggiudicante) escludono che i rapporti tra ente pubblico e società configuri, nella sostanza, un rapporto contrattuale intersoggettivo tra aggiudicante ed affidatario, perché quest'ultimo è, in realtà, solo la longa manus del primo che lo controlla pienamente e totalmente (Corte Cost. sentenza n. 325/2010). Queste società, infatti, operano in una situazione di vera e propria compenetrazione organica con gli enti che le hanno costituite e sono, pertanto, da considerare articolazioni organizzative di questi ultimi, con la conseguenza che il danno causato dagli amministratori a tali società si configura come danno erariale. Tale modello organizzatorio si connota per la coesistenza indefettibile e contemporanea delle seguenti condizioni: - il capitale sociale sia integralmente detenuto da uno o più enti pubblici per l'esercizio di pubblici servizi e lo statuto vieti in modo assoluto la possibilità della cessione delle partecipazioni a soggetti privati; - la società esplichi statutariamente la propria attività prevalente in favore degli enti partecipanti, in modo che l'eventuale attività accessoria non implichi una significativa presenza sul mercato e rivesta una valenza meramente strumentale; - la gestione sia assoggettata a forme di controllo analoghe a quelle esercitate dall'ente pubblico sui propri uffici, con potere di dettare le linee strategiche e le scelte operative, non riconducibili ai diritti ed alle facoltà normalmente spettanti al socio in base alle regole dettate dal codice civile. Laddove sussistano tali requisiti non è possibile configurare un rapporto di alterità tra il soggetto pubblico partecipante e la società in house che fa capo al medesimo, con la conseguenza che la distinzione tra il patrimonio del socio pubblico e quello della società finisce per porsi in termini di separazione patrimoniale, ma non di distinta titolarità e con l'ulteriore conseguenza che sussiste in tal caso un rapporto di servizio tra il soggetto autore dell'illecito (amministratore o dipendente) non solo con la società ma, per le peculiari connotazioni di essa, con lo stesso ente pubblico partecipante.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©