Appalti

La commissione può cambiare idea sulla congruità dell’offerta riesaminando le giustificazioni

di Stefano Usai

La commissione di gara può cambiare la propria valutazione sulla congruità dell'offerta anche, semplicemente, riesaminando le giustificazioni già prodotte nel relativo procedimento senza ulteriori approfondimenti. In questo senso si è espresso il Tar Sicilia, Palermo, sezione I, con la sentenza n. 1328/2018 a margine di una intricata vicenda che ha determinato dapprima l'esclusione – per anomalia dell'offerta – e poi l’aggiudicazione, allo stesso appaltatore, dopo un esame più appropriato delle giustificazioni già presentate.

La vicenda
La vicenda riguarda un appalto per la gestione di un centro di prima accoglienza per immigrati in relazione al quale, alcuni appaltatori – i primi 4 della graduatoria «provvisoria» - sono stati esclusi per anomalia dell'offerta con conseguente aggiudicazione al quinto classificato. Il secondo in classifica si è opposto all’esclusione determinata dalla dichiarata anomalia dell'offerta – sui costi del personale - per scostamento «significativo» rispetto alle tabelle ministeriali.
Con ordinanza cautelare, lo stesso tribunale ha imposto alla stazione appaltante la (ri)verifica della documentazione prodotta dal ricorrente evidenziando che un provvedimento di esclusione non può essere fondato sulla violazione «in astratto» della tabelle ministeriali sui costi del personale. Occorrendo, appunto, una verifica in contraddittorio delle giustificazioni.
La stazione appaltante, in accoglimento dell'ordinanza, ha revocato l'avvenuta aggiudicazione per assegnare l'appalto al ricorrente – originario secondo”classificato. Contro questo provvedimento, è insorto l'appaltatore (che ha subito la revoca dell'aggiudicazione) evidenziando una sorta di comportamento «incoerente» e scorretto della commissione di gara che in un primo momento ha ritenuto l'offerta aggiudicataria anomala e poi, senza ulteriori approfondimenti, assolutamente congrua. In sostanza, viene contestato un comportamento acquiescente della stazione appaltante all’ordinanza cautelare che, invece, avrebbe imposto una verifica certosina delle giustificazioni prodotte.

La decisione
La censura per cui la commissione di gara non avrebbe svolto alcuna concreta disamina e che l'aggiudicatario – dapprima escluso per anomalia dell'offerta – non avrebbe in realtà dimostrato puntualmente le proprie ragioni a giustificazione dello scostamento predetto, non ha persuaso i giudici.
In primo luogo, un giudizio di legittimità dell'operato della commissione di gara non può fondarsi su una pretesa «contraddittorietà» delle valutazioni espresse anche nel caso in cui, in un primo momento l'organo collegiale ha escluso per anomalia e, solo successivamente in seguito ad ordinanza cautelare, abbia capovolto il proprio giudizio. In realtà, in relazione alla dichiarata anomalia, la commissione di gara ha fondato la propria valutazione su una considerazione di tipo aprioristico attribuendo rilevanza sostanziale allo scostamento dei costi del personale rispetto alle tabelle ministeriali. Le giustificazioni, a ben vedere, non erano state oggetto di una neanche minima considerazione e solo in conseguenza dell'ordinanza di sospensione del provvedimento di esclusione la stessa commissione di gara ha «in definitiva proceduto a riesaminare (ma in sostanza ad esaminare per la prima volta compiutamente) quelle stesse giustificazioni che erano state in precedenza ignorate o comunque superficialmente analizzate, essendo in tale attività del tutto svincolata dal precedente giudizio espresso».
È risultata violata, quindi, nel procedimento di verifica della congruità dell'offerta la dinamica di tipo comunitario che impone in ogni caso il contraddittorio con l'appaltatore e quindi la richiesta e analisi di documenti/giustificazioni non potendo fondarsi, qualsiasi esclusione, su considerazioni espresse in astratto. Proprio sul punto, si legge ancora in sentenza, il Consiglio di Stato (3623/2017), in una fattispecie in cui lo scostamento dalle tabelle ministeriali era pari al 12,64%, ha affermato che «in una gara pubblica un'offerta non può ritenersi anomala ed essere esclusa per il solo fatto che il costo del lavoro sia stato calcolato secondo valori inferiori a quelli risultanti dalle tabelle ministeriali o dai contratti collettivi, occorrendo, perché possa dubitarsi della sua congruità, che la discordanza sia considerevole e palesemente ingiustificata» concludendo che «nelle gare pubbliche, ai fini della valutazione della migliore offerta, si può tenere conto anche delle possibili economie che le singole imprese possono conseguire, anche con riferimento al costo del lavoro, nel rispetto delle disposizioni di legge e dei contratti collettivi».

La sentenza del Tar Sicilia n. 1328/2018

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