Appalti

Mano libera alle Pa nella verifica delle anomalie dell'offerta

immagine non disponibile

di Amedeo Di Filippo

Nelle gare pubbliche, il giudizio di verifica dell'anomalia dell'offerta costituisce espressione di un potere tecnico-discrezionale riservato alla Pa ed è insindacabile in sede giurisdizionale, salvo nelle ipotesi di manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza dell'operato della commissione che rendano palese l'inattendibilità complessiva dell'offerta. Lo conferma la quinta sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 1494/2018.

Il giudizio del Tar e...
La quinta sezione si trova a vagliare la sentenza del Tar Valle d'Aosta che ha respinto il ricorso presentato dalla capogruppo di un costituendo Rti esclusa dalla gara per l’affidamento di un servizio, per il fatto che le giustificazioni richieste per l'offerta anormalmente bassa non sono state ritenute sufficientemente motivate ed esaustive. Ricorso rigettato perché, hanno sostenuto i giudici di primo grado, il giudizio circa l'anomalia o l'incongruità dell'offerta costituisce espressione di discrezionalità tecnica, sindacabile dal giudice amministrativo solo in caso di macroscopica illogicità o di erroneità fattuale. Inoltre il procedimento di verifica non è finalizzato a individuare specifiche e singole inesattezze nella formulazione dell'offerta ma ad accertare in concreto che la proposta contrattuale risulti nel suo complesso attendibile in relazione alla corretta esecuzione dell'appalto.

...quello del Consiglio di Stato
Il caso approda a Palazzo Spada e la quinta sezione segue il ragionamento dei primi giudici, respingendo l'appello, in linea con un consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui:
a) nelle gare pubbliche il giudizio di verifica dell'anomalia dell'offerta ha natura globale e sintetica e deve risultare da un'analisi di carattere tecnico delle singole componenti di cui l'offerta si compone, al fine di valutare se l'anomalia delle diverse componenti si traduca in un'offerta complessivamente inaffidabile;
b) il giudizio costituisce espressione di un tipico potere tecnico-discrezionale riservato alla Pa e insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che nelle ipotesi di manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza dell'operato della commissione di gara, che rendano palese l'inattendibilità complessiva dell'offerta;
c) il giudice amministrativo può sindacare le valutazioni della Pa sotto il profilo della logicità, ragionevolezza e adeguatezza dell'istruttoria, senza poter tuttavia procedere ad alcuna autonoma verifica della congruità dell'offerta e delle singole voci, ciò rappresentando un'inammissibile invasione della sfera propria della Pa;
d) anche l'esame delle giustificazioni prodotte dai concorrenti rientra nella discrezionalità tecnica della Pa, con la conseguenza che soltanto in caso di macroscopiche illegittimità (gravi ed evidenti errori di valutazione; valutazioni abnormi o inficiate da errori di fatto) il giudice di legittimità può esercitare il proprio sindacato, ferma restando l'impossibilità di sostituire il proprio giudizio a quello della Pa.

Le motivazioni
L'ampia discrezionalità riconosciuta alla Pa nella valutazione delle anomalie è però arginata da altra giurisprudenza, secondo cui essa non può mai limitarsi al recepimento acritico delle giustificazioni prodotte dall'aggiudicatario all'interno di un'operazione di verifica disinvolta e frettolosa. Lo ha ribadito il Tar Lombardia con la sentenza n. 491 del 20 febbraio scorso, che ha bacchettato il comportamento di un responsabile unico il quale, a fronte di una pluralità di elementi incongrui e non sufficientemente chiariti dalle giustificazioni, non ha svolto alcuna adeguata istruttoria, limitandosi a recepire in maniera totalmente acritica le giustificazioni stesse.
Il provvedimento del Rup che reputa congrua l'offerta viene stigmatizzato per l'assoluta carenza di motivazione, in quanto si limita dapprima a richiamare succintamente una serie di sentenze del Consiglio di Stato (di per sé astrattamente condivisibili, anche se non è spiegata la loro concreta rilevanza nella fattispecie), per poi concludere, in maniera assolutamente apodittica, che il costo esposto è «congruo ed equilibrato» per cui l'offerta «viene giudicata attendibile».
L'aspetto singolare della sentenza è che i giudici valorizzano, ai fini del loro giudizio, finanche la durata complessiva delle operazioni di verifica delle giustificazioni: 45 minuti, troppo pochi per un contratto di consistente durata come quello di specie. Anche questo elemento, chiosa la sentenza, dimostra il difetto di istruttoria, «o almeno la disinvolta frettolosità» in cui è incorsa l'amministrazione.

La sentenza del Consiglio di Stato n. 1494/2018

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©