Appalti

Appalti, per la Pa più facile escludere le imprese

Più margini per le Pa in fase di valutazione dei requisiti delle imprese che partecipano alle gare: potranno escludere dagli appalti gli operatori economici che abbiano mostrato carenze nell’esecuzione di precedenti contratti. Anche in ipotesi non tipizzate dal Dlgs n. 50 del 2016 (Codice appalti). È quanto ha appena spiegato il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 1299/2018. Nella quale, però, è precisato che, in queste situazioni, sarà richiesta alle amministrazioni una motivazione più approfondita e articolata del consueto.

Palazzo Spada, nella pronuncia appena depositata, analizza uno degli istituti più contestati del nuovo Codice appalti: quello che, tramite l’articolo 80, comma 5, lettera c) consente alla Pa di escludere le imprese per «gravi illeciti professionali». Sono macchie nel curriculum legate all’esecuzione di contratti precedenti, che siano tali da rendere dubbia l’integrità o l’affidabilità della società. Un tema sul quale, dopo il Codice appalti, si è espressa anche l’Autorità anticorruzione di Raffaele Cantone, con la linea guida n. 6. La legge contiene alcune ipotesi nelle quali è possibile estrarre il cartellino rosso che, però, i giudici del Consiglio di Stato considerano semplicemente «esemplificative».

In sostanza, resta un margine di «valutazione discrezionale da parte della stazione appaltante» sulla «gravità di inadempienze che, pur non immediatamente riconducibili a quelle tipizzate, quanto agli effetti prodotti, siano tuttavia qualificabili come gravi illeciti professionali e siano perciò ostative alla partecipazione alla gara perché rendono dubbie l’integrità o l’affidabilità del concorrente». Se questa affidabilità viene considerata discutibile, la pubblica amministrazione può escludere dalla partecipazione alla gara l’operatore economico, perché considerato colpevole di un grave illecito professionale non compreso nell’elenco del Codice appalti. In questi casi, però, «la stazione appaltante dovrà adeguatamente motivare in merito all’esercizio di siffatta discrezionalità». Quindi, tramite «mezzi adeguati», bisognerà dimostrare la sussistenza e la gravità dell’illecito professionale a carico dell’impresa. Una ricostruzione che, secondo i giudici, è anche compatibile con i principi del diritto comunitario.

La sentenza del Consiglio di Stato n. 1299/2018

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