Appalti

Appalti, il bando di gara può prevedere clausole «non generiche» per verificare l’utilità dell’offerta

di Giulia Valenti

È compatibile con il principio di concorrenza e ampia partecipazione alle procedure di gara la previsione di clausole volte ad accertare concretamente la reale funzionalità ed utilità del prodotto offerto. È quanto afferma il Consiglio di Stato, Sezione V, sentenza n. 1039/2018.

Il caso
Con ricorso pervenuto al Consiglio di Stato il 24 agosto 2017 viene impugnata la sentenza del Tar Veneto che aveva giudicato illegittime le clausole non generiche inserite nel capitolato di gara, perché volte solo a ridurre la platea dei concorrenti. Nello specifico, la stazione appaltante aveva previsto clausole dirette ad accertare specifiche competenze tecniche, quali la compatibilità del prodotto al software T., accompagnata da una dichiarazione proveniente dalla stessa società T., che lo accertasse con data certa precedente al bando.
Il giudice di prima istanza aveva visto nell’obbligo di presentare certificazione fornita da azienda terza un’illegittima barriera all’ingresso, in contrasto con il principio di libera concorrenza e ampia partecipazione alla procedura di gara; questa ricostruzione non è stata però condivisa dal Consiglio di Stato.

La decisione
Secondo il Consiglio di Stato, infatti, la clausola del capitolato è volta ad accertare la concreta installabilità del prodotto offerto al software T., requisito ulteriore rispetto alla semplice funzionalità del prodotto, che non può essere provato con una semplice autodichiarazione dei partecipanti; la stazione appaltante può quindi legittimamente richiedere specifiche prove di compatibilità del prodotto offerto con la specifica destinazione d’uso, ipotesi che, ricorda il Collegio, non può costituire una barriera all’accesso alla procedura di gara, visto che i partecipanti non in possesso della certificazione avrebbero sempre potuto ricorrere dell’articolo 86, ultimo comma, del Dlgs n. 50 del 2016.

L’interpretazione delle clausole
Giova ricordare che la lex specialis costituita dal bando è soggetta alle stesse regole interpretative previste dal codice civile per i contratti; le clausole del bando devono essere dunque interpretate nel senso di favorire la partecipazione del maggior numero di concorrenti, per garantire la libera concorrenza, anche al fine di un più efficiente ed efficace uso del denaro pubblico, che la stazione appaltante è tenuta a gestire. L’articolo 1363 del Codice civile stabilisce che le clausole  devono essere interpretate le une per mezzo delle altre, in considerazione di una visione unitaria dell’atto; in riferimento al caso di specie si deve quindi dedurre che la richiesta di certificazione di compatibilità ed installabilità del prodotto offerto non si debba intendere come barriera di ingresso al bando alle sole aziende che abbiano già collaborato con la società chiamata alla certificazione, ma come caratteristica tecnica del prodotto necessaria per garantire l’efficacia della procedura di gara.
La pronuncia del Consiglio di Stato appare ancor più condivisibile in relazione alla particolare materia oggetto del bando: i software e l’informatica in generale costituiscono ambiti dotati di un elevato tecnicismo, ed è quindi fondamentale, per la buona riuscita della procedura di gara, che la lex specialis possa essere altrettanto tecnica.

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