Appalti

Danno erariale da lesione della concorrenza al funzionario corrotto che affida la concessione senza gara

di Giuseppe Nucci

La corruzione di un funzionario pubblico e la turbativa di procedure di gara per l’affidamento di un servizio pubblico, in violazione dei principi di buon andamento e di imparzialità dell’azione amministrativa, comporta, oltre al danno di immagine, anche il danno erariale da lesione della concorrenza derivante dall’aver impedito alla pubblica amministrazione di poter scegliere e di beneficiare della migliore offerta a seguito di procedure di evidenza pubblica rivolte ad una platea più vasta di imprese.
È questo il principio affermato dalla sentenza n. 1/2018 della Corte dei Conti, Sezione per il Piemonte.

La riscossione delle tasse automobilistiche
A seguito di un esposto, emergeva che il responsabile del Settore politiche fiscali di una Regione aveva affidato, senza gara, ad una società la riscossione delle tasse automobilistiche. L’incarico era iniziato nel 2007 e proseguito con proroghe sino all’avviamento, nel 2011, di una procedura di evidenza pubblica il cui bando, a causa di requisiti di partecipazione incongrui ed illegittimi mirati a favorire l’aggiudicazione alla medesima società, veniva annullato dal Tar.
In relazione a tale vicenda si avviava un procedimento penale che si concludeva, con il rito del patteggiamento, con la condanna - del pubblico funzionario e del presidente, degli amministratori e del direttore generale della società - per corruzione e per turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, conseguenti a illecite dazioni di denaro.
La Procura contabile, al riguardo, individuava, a carico dei predetti soggetti, un danno erariale da lesione della concorrenza, da tangente e all’immagine della Regione.

La sentenza
Il giudice, nell’accogliere parzialmente la richiesta dell’organo requirente, in primo luogo affermava la propria giurisdizione in quanto era ravvisabile un rapporto di servizio della società concessionaria con la Pa per attività proprie di quest’ultima, come appunto la riscossione dei tributi.
Nel merito il Collegio precisava che la sussistenza degli illeciti commessi dai convenuti era da ritenersi acquisita sulla base degli elementi probatori sfociati nella sentenza di condanna “patteggiata” il cui valore sarebbe potuto essere contestato solo con specifiche prove contrarie che, invece, non erano state allegate (cfr., per tutte, questa Sezione n. 56/2017).
Di conseguenza la Sezione ha riconosciuto il danno da lesione della concorrenza - e cioè il danno patrimoniale derivante dalla concessione del servizio di accertamento e riscossione della tassa automobilistica avvenuta senza gara pubblica ed illecitamente - in quanto era stato impedito alla pubblica amministrazione di poter scegliere e di beneficiare della migliore offerta a seguito di procedure di evidenza pubblica, rivolte ad una platea più vasta di imprese. Per la quantificazione veniva adottato il criterio equitativo del 2% sul valore del servizio di riscossione nel periodo considerato, pari a euro 34.419.683,91.
Di converso il Collegio non accoglieva la richiesta relativa al danno da tangente che, sostanzialmente, avrebbe costituito una duplicazione del danno da lesione della concorrenza mentre, per il danno non patrimoniale all’immagine, in relazione alla risonanza della vicenda sui mass media e ai principi affermati dalla giurisprudenza della Corte, il pregiudizio veniva quantificato equitativamente nella misura della metà di quanto richiesto a titolo di danno patrimoniale da lesione della concorrenza.

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