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Tra edifici distanza di 10 metri anche se c’è il piano particolareggiato

La distanza di 10 metri tra fabbricati con finestre va rispettata anche se uno dei due edifici si trova all’interno di un piano particolareggiato. Lo sottolinea la Cassazione con la sentenza 7 novembre 2017 n. 26354, che costringe ad arretrare la costruzione più recente.
Dal 1968, il Dm n. 1444 impone tale distanza per i nuovi edifici che ricadano nelle zone diverse dal centro storico (queste ultime, denominate «A»). L’unica eccezione la prevede per gruppi di edifici oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate, perché in tal caso prevale il disegno del piano di dettaglio.

La cornice normativa
In provincia di Milano era appunto sorta contestazione tra proprietari di due fabbricati, uno solo dei quali compreso in un piano particolareggiato. Ciò basta, per la Cassazione, ad imporre il rispetto della distanza di 10 metri: non si può parlare di una adesione implicita di edifici esterni al piano di dettaglio, perché occorre tener presente il perimetro grafico del piano particolareggiato.
Un modo per sottrarsi alle distanze imposte dal Dm è possibile dal 2013, da quando cioè (con l’articolo 2-bis del Dpr 380/2001) le Regioni possono derogare ridisegnando specifiche aree territoriali. Il rispetto delle distanze preoccupa da tempo gli operatori edili, soprattutto quando si discute di rigenerazione e di ristrutturazione con demolizione integrale.
Solo per i centri storici l’articolo 9 del Dm prevede la possibilità, in caso di risanamento conservativo e ristrutturazione, di mantenere le distanze preesistenti, mentre per i «nuovi edifici», in zone diverse dai centri storici, la distanza sarà sempre di 10 metri.

Le interpretazioni
La rigidità della norma è resa elastica da alcune interpretazioni, come quella del Consiglio di Stato (sentenza 4337/2017) che per nuova costruzione intende gli edifici «costruiti per la prima volta» e non quelli preesistenti demoliti, per i quali in sede di ricostruzione non avrebbe senso prescrivere distanze diverse. Utilizzando questa interpretazione, ci sono spesso vecchie facciate che sembrano tenute artificialmente in piedi, cioè strutture che saranno demolite quando inglobate in un nuovo fabbricato. Un artificio tuttavia criticato da varie pronunce (Tar Toscana 260/ 2017), specialmente se (Consiglio di Stato, 4728/2017) l’immobile demolito viene ricostruito con consistenti innovazioni, quali lo spostamento di alcuni metri e la realizzazione di nuovi volumi.

La sentenza della Corte di cassazione n. 26354/2017

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