Appalti

Le concessionarie autostradali dribblano l'aumento degli affidamenti esterni di lavori: prorogato il limite del 60%

Ritorno al passato per le concessionarie autostradali. È la clamorosa novità prevista da un emendamento firmato dal Pd per la legge di conversione del decreto fiscale in Senato. La soglia dell'80% per i lavori delle società autostradali da mandare in gara, in calendario per aprile del 2018, non sarà mai attivata. Sarà, invece, prevista una deroga che, di fatto, lascerà tutto invariato: quindi, tetto al 60% e Codice appalti riformato. Una grande vittoria per i sindacati di categoria, dopo una battaglia durata mesi per evitare circa 3mila licenziamenti. E un passo indietro per Stefano Esposito, vicepresidente della Commissione lavori pubblici che sottolinea, infatti, la sua contrarietà all'emendamento promosso dalla maggioranza.
L'articolo 177, introdotto dal nuovo Codice appalti, prevede una modifica sostanziale delle percentuali di lavori, servizi e forniture sopra la soglia di 150mila euro che le società concessionarie devono mandare sul mercato, facendo una gara. Questo tetto sale all'80% dal vecchio 60%. Venti punti di differenza che, in questi mesi, hanno creato un terremoto. Anche se, di fatto, non sono mai andati in vigore: per l'attivazione della novità, infatti, era stata prevista una sospensione di 24 mesi. La sua entrata in vigore, insomma, era fissata il 19 aprile del 2018. Per alcune concessionarie, però, quel nuovo tetto non scatterà mai.

Oggetto dell’emendamento
L'emendamento firmato dalla maggioranza e proposto per la legge di conversione del decreto fiscale prevede, infatti, che «in deroga a quanto previsto» dalla regola generale, «i soggetti titolari delle concessioni autostradali sono obbligati ad affidare una quota pari al sessanta per cento dei contratti di lavori, servizi e forniture di importo pari o superiore a 150mila euro» tramite gara. Il resto potrà essere affidato alle società in house. L'effetto pratico, allora, è di tenere in vita il vecchio tetto del 60%, lasciando la situazione invariata rispetto a quanto avviene adesso. L'Anac di Raffaele Cantone, ovviamente, non dovrà più fare verifiche sul rispetto del tetto dell'80%, ma del 60 per cento.

Gli effetti
Per il settore è una novità clamorosa, che potrebbe chiudere una vicenda che si trascina dall'approvazione del nuovo Codice. E che ha visto succedersi pareri del ministero delle Infrastrutture, dell'Autorità anticorruzione, delle commissioni parlamentari, oltre a continue proteste dei sindacati, preoccupati dalla possibilità che la riforma potesse causare circa 3mila licenziamenti nelle società controllate dalle concessionarie.
Una novità dalla quale, però, il senatore Stefano Esposito, tra i padri del Codice e firmatario dell'emendamento, si smarca: «È una scelta che mi ha visto, ovviamente, contrario e in minoranza, ma a volte è necessario adeguarsi alle decisioni del partito». Il Parlamento - dice - ha valutato due diverse ipotesi: «L'alternativa era inserire una deroga per le manutenzioni, portandole fuori dal conteggio del tetto dell'80%. Per me sarebbe stata una soluzione molto pasticciata. A questo punto è stato meglio tornare al tetto del 60%». Il pressing dei sindacati è stato decisivo: «Mi chiedo se adesso i licenziamenti dei quali si è parlato in questi mesi saranno davvero revocati tutti. Staremo a vedere».

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