Appalti

Dai piani casa regionali investimenti per 12 miliardi

Un effetto inferiore alle attese, ma non trascurabile. Gli ultimi dati dell’Istat permettono di tracciare un bilancio sull’efficacia dei piani casa regionali per l’ampliamento degli edifici residenziali.
Le statistiche 2017 sui permessi di costruire – che censiscono anche gli interventi realizzati con gli altri titoli abilitativi edilizi – confermano che nel 2015, l’anno censito, il volume dell’attività edilizia - residenziale e non - continua a ridursi. Rispetto alle elaborazioni degli anni precedenti, quelle appena pubblicate offrono informazioni per verificare l’efficacia di alcune politiche promosse, alla fine dello scorso decennio, per rilanciare il settore dell’edilizia residenziale. È un’importante e rara novità in un Paese in cui non sono diffuse le banche dati necessarie per svolgere valutazioni ex post delle politiche pubbliche.

Le previsioni

A partire dalla rilevazione sui permessi di costruire rilasciati nel 2010, l’Istat ha chiesto ai Comuni di indicare distintamente quelli relativi agli interventi del piano nazionale di edilizia abitativa (promosso con il Dl 112/08 e con la delibera Cipe dell’8 maggio 2009) e alle leggi sui piani casa regionali. Quelle leggi sono figlie di un accordo Governo-Regioni che, nel 2009, impose anche alle Regioni riluttanti di concedere premi di superficie o di volumetria – in deroga alle previsioni dei Prg – per favorire l’ampliamento (massimo +20%, nella formula base) o la demolizione e ricostruzione (massimo +35%) degli edifici residenziali esistenti. Il Governo allora in carica – guidato da Silvio Berlusconi – riteneva che quei piani avrebbero generato, nei 18 mesi previsti della loro attuazione, investimenti privati oscillanti tra 75 e 150 miliardi di euro, senza alcun onere finanziario per i bilanci pubblici. Il Cresme calcolò in 150 milioni di metri cubi l’effetto potenziale dei piani casa, per un valore di 42 miliardi tra il 2009 e il 2012.
Eccetto che in Lombardia ed Emilia Romagna, le leggi sui piani di tutte le altre Regioni sono ancora oggi vigenti e quattro di esse sono state rese permanenti (Liguria, Umbria, Valle d’Aosta e provincia autonoma di Bolzano); con le proroghe che si sono succedute nel tempo sono stati anche ampliati i loro ambiti operativi, rispetto a quelli previsti dall’accordo Stato-Regioni del 2009.

Una valutazione controversa

Le statistiche pubblicate dall’Istat permettono di valutare l’impatto dei piani sulla base di numeri rilevati. Dal 2010 al 2015 la loro applicazione ha stimolato la realizzazione di interventi edilizi per 21,5 milioni di metri cubi e per una superficie di quasi 7,5 milioni di metri quadrati; circa il 55% relativi a nuove costruzioni e il restante 45% all’ampliamento di quelle esistenti. Considerando (per eccesso) una spesa media di 1.500 euro a metro quadrato, si può stimare un investimento complessivo di circa 12 miliardi di euro. Una cifra rilevante, ma lontana dalle attese.
La massa delle attività realizzate con lo stimolo dei premi di volume non è stata sufficiente a frenare l’andamento calante registrato in entrambi i segmenti del mercato dell’edilizia residenziale.
Per una valutazione più ponderata della rilevanza, nel mercato dell’edilizia residenziale, dei piani casa, oltre ai valori assoluti, è utile, però, considerare anche le percentuali.
Le quote dei volumi realizzati con i piani casa sul totale dei volumi edificati sono state crescenti fino al 2014 e leggermente in diminuzione nel 2015, sia per nuove costruzioni, sia per gli ampliamenti. Il loro apporto è stato, però, notevolmente differente nei due segmenti. Il contributo dei piani regionali è stato contenuto nel settore delle nuove costruzioni, da meno del 2,5% del 2010 è cresciuto progressivamente fino a toccare il 10% nel 2014. Non è stato però marginale per gli ampliamenti, dove l’incidenza sul totale dei volumi realizzati, partendo dal 15%, si è attestata sul 30% già nel 2012. Se si potesse ritenere che, in quest’ultimo segmento, gli interventi che hanno beneficiato dei premi volumetrici non sarebbero stati realizzati senza di essi, si dovrebbe concludere che i piani casa regionali hanno concorso con un certo vigore a rallentare la crisi nel comparto degli interventi edilizi di importo unitario relativamente contenuto, nel quale operano soprattutto le imprese piccole e medie.

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