Appalti

Permesso di costruire, la crisi economica non vale la proroga

Le difficoltà economiche dei cittadini non interessano la pubblica amministrazione: lo sottolinea da ultimo il Tar Veneto con sentenza 5 luglio 2017 n. 652, negando la proroga di un permesso di costruire non realizzato a causa della difficile situazione di mercato. Nell’edilizia, i termini per iniziare i lavori (un anno) e per ultimarli (tre anni) diventano rischiosi se le previsioni di piano urbanistico si modificano: in tal caso, permessi, scia, cil sono utilizzabili solo se tempestivamente attivati e non scaduti.

Il caso
Nel caso deciso dal Tar, il termine di inizio lavori era di un anno e il Comune aveva concesso una proroga «per asserite difficoltà economiche nel settore edile»: il vicino, ostile alla costruzione, ha impugnato tale proroga e ha ottenuto l’annullamento del titolo per inidoneità e genericità del motivo di proroga. Nel settore edile, l’articolo 15 del Dpr 380/2001 prevede che, decorsi i termini, il titolo edilizio «decade di diritto per la parte non eseguita, tranne che, anteriormente alla scadenza, venga richiesta una proroga».
Tale proroga può avvenire solo per fatti sopravvenuti estranei alla volontà del titolare del permesso di costruire (Consiglio di Stato, 1520/ 2016), ad esempio in considerazione della mole dell’opera da realizzare o di particolari caratteristiche tecnico-costruttive.

La crisi congiunturale
La crisi congiunturale dell’edilizia, invece, non è una valida ragione possa consentire di superare il decorso dei termini, o giustificare l’inerzia del titolare del permesso di costruire. Motivi validi per ottenere una proroga possono invece essere il “factum principis”, cioè l’intervento di un’amministrazione che ostacoli l’attività edilizia, le condizioni climatiche eccezionali avverse, azioni giudiziarie di disturbo dei vicini (rivelatesi poi infondate): in ogni caso, l’amministrazione è tenuta a motivare sulla serietà del motivo di proroga. L’esigenza di bonificare un’area prima di costruire, ad esempio, può essere un’ipotesi di forza maggiore che incide sul termine per eseguire i lavori, ma solo se l’esigenza di bonifica non era conosciuta o era sopravvenuta dal punto di vista del titolare del permesso di costruire (Tar Milano 1564 / 2016).
Esaminando poi l’istanza di proroga di un titolo edilizio, l’amministrazione può anche rivedere il proprio orientamento complessivo e, ad esempio, accorgersi dell’esistenza di un impedimento che fin dall’inizio avrebbe ostacolato l’edificazione: in tal caso va annullato in autotutela l’intero titolo edilizio (Tar Veneto 536 / 2013), senza quindi provvedere sulla richiesta proroga. Qualora prima della scadenza del titolo edilizio sopravvenga un regime urbanistico restrittivo, che non consenta più quanto già autorizzato, occorre verificare la frazionabilità del titolo edilizio, partendo dal presupposto che un intervento unitario (più palazzine) può ritenersi unico se, ad esempio, appartenente ad un unico disegno lottizzatorio (che quindi non deve necessariamente iniziare in tutti i lotti contemporaneamente). Questo principio trova conferma nell’articolo 30 comma 3 bis del Dl 69 (legge 98)/ 2013 che proroga di tre anni le convenzioni di lottizzazioni stipulate entro il 31 dicembre 2012. Se non vi è una proroga per legge, come nel caso innanzi detto, è quindi necessaria un’adeguata motivazione tecnica a corredo dell’istanza che la protocollata prima del termine di scadenza.

La sentenza del Tar Veneto n. 652/2017

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