Appalti

Abusi edilizi, valido l'ordine di demolizione che non specifica l'area acquisibile dal Comune

di Francesco Machina Grifeo

«L'acquisizione gratuita al patrimonio comunale degli immobili abusivi e della relativa area di sedime è un effetto automatico della mancata ottemperanza all'ordine di demolizione. Pertanto la specificazione dell'area di sedime non può essere considerata come elemento essenziale dell'ordine di demolizione ai fini della legittimità dell'atto». Lo ha stabilito il Tar Campania, sentenza 24 maggio 2017 n. 2748, così interpretando il combinato disposto dei commi 2 e 3 dell'articolo 31 del Testo unico edilizia (Dpr 380/2001), e chiarendo che l'individuazione dell'area è «piuttosto richiesta in vista dell'acquisizione».

Il caso
Il ricorrente aveva impugnato l'ordinanza - contenente la riserva di acquisizione al patrimonio comunale - con cui gli era stata ingiunta la demolizione di «un piano terraneo, realizzato senza alcun titolo abilitativo, costituito da murature perimetrali e copertura a falda con lamiere coibentate, completo e tenuto in uso», per una volumetria di circa 350 metri cubi, sostenendo che la sanzione applicabile sarebbe stata tutt'al più quella pecuniaria e che comunque mancava l'individuazione dell'area soggetta ad acquisizione gratuita in caso di inottemperanza. Inoltre, essendo stata presentata istanza di accertamento di conformità «l'ordinanza sarebbe improduttiva di effetti».

La decisione
Il Tar ricorda che il permesso di costruire è necessario per gli interventi di «trasformazione edilizia e urbanistica del territorio non rientranti nella manutenzione ordinaria o straordinaria, nel restauro e risanamento conservativo, o nella ristrutturazione edilizia». E che le opere realizzate senza titolo abilitativo dalla ricorrente, concretizzano appunto «una trasformazione del territorio», per cui «è da escludere che la sanzione applicabile possa consistere in una mera pena pecuniaria».
Il testo unico sull'edilizia, all'articolo 31, comma 2, prevede che il dirigente ordina la demolizione del manufatto costruito in assenza di permesso «indicando nel provvedimento l'area che viene acquisita di diritto». Per il Tar, però, tale l'indicazione «è piuttosto richiesta in vista dell'acquisizione, in ampliamento all'area strettamente di sedime del manufatto abusivo, dell'ulteriore (eventuale) area “necessaria ... alla realizzazione di opere analoghe...”», secondo le indicazioni del comma 3. In base al quale, qualora il responsabile dell'abuso non provveda alla demolizione, il bene e l'area di sedime necessari alla realizzazione di «opere analoghe» a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune, specificando che l'area acquisita può arrivare fino a dieci volte la superficie costruita.
L'istituto dell'acquisizione gratuita, prosegue il Tar, «assume carattere tipicamente sanzionatorio e non espropriativo», non avendo per obiettivo quello di «acquisire la disponibilità di un bene per motivi di pubblica utilità quanto quello di porsi come misura di contrasto efficace e proporzionato alle specifiche ipotesi nelle quali, una volta compiuti interventi edilizi senza titolo o in difformità dallo stesso, il proprietario non abbia eseguito l'ordine di demolizione e di messa in pristino».
La presentazione dell'istanza di accertamento di conformità, invece, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, «non incide sulla legittimità dell'ordinanza di demolizione impugnata (che va valutata sulla base dei presupposti di fatto e di diritto esistenti al momento dell'emanazione dell'atto impugnato) e neppure ne determina la definitiva inefficacia, limitandosi unicamente a sospenderne temporaneamente gli effetti fino alla definizione, espressa o tacita, dell'istanza».
Infine, conclude il Tribunale, gli atti di repressione degli abusi edilizi sono atti dovuti «per cui è da escludere la necessità di una specifica valutazione delle ragioni d'interesse pubblico concreto ed attuale o di una comparazione di quest'ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, in quanto non è configurabile alcun affidamento giuridicamente tutelabile alla conservazione di una situazione di illecito permanente che non può di norma essere sanata dal mero trascorrere del tempo».

La sentenza del Tar Campania n. 2748/2017

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©