Appalti

Immobile abusivo, niente ordine di demolizione durante il sequestro penale

di Francesco Machina Grifeo

La VI Sezione del Consiglio di Stato, contrastando l'indirizzo giurisprudenziale «prevalente», ha affermato che l'ordine di demolizione di un immobile colpito da un sequestro penale «dovrebbe essere ritenuto affetto dal vizio di nullità». E quindi radicalmente inefficace per l'assenza di un elemento essenziale dell'atto, vale a dire la «possibilità giuridica dell'oggetto del comando». In altri termini, afferma la sentenza n. 2337/2017, «l'ingiunzione che impone un obbligo di facere inesigibile, in quanto rivolto alla demolizione di un immobile che è stato sottratto alla disponibilità del destinatario del comando - il quale, se eseguisse l'ordinanza, commetterebbe il reato di cui all'art. 334 c.p. -, difetta di una condizione costituiva dell'ordine, e cioè, l'imposizione di un dovere eseguibile».
Il Tar Marche invece aveva comminato la sanzione pecuniaria di 20mila euro a una Srl per non aver ottemperato all'ordinanza di riduzione in pristino, a seguito della realizzazione di opere ritenute abusive, irrogata dal comune di Gabicce Mare, e ciò nonostante l'esistenza di un vincolo sul bene. La società però non si è data per vinta e ha sostenuto l'inapplicabilità delle sanzioni per l'inottemperanza agli ordini di demolizione di manufatti abusivi nelle ipotesi in cui l'immobile sia sottoposto a sequestro penale.

La decisione di Palazzo Spada
Un ragionamento condiviso da Palazzo Spada che pur «non ignora» l'indirizzo maggioritario per il quale «la pendenza di un sequestro è irrilevante ai fini della legittimità dell'ordine di demolizione, della sua eseguibilità e, quindi, della validità dei conseguenti provvedimenti sanzionatori». Secondo quella lettura, infatti, «la misura cautelare reale non costituirebbe un impedimento assoluto all'attuazione dell'ingiunzione, in ragione della possibilità, per il destinatario dell'ordine, di ottenere il dissequestro del bene».
Per il Collegio però non è configurabile un «dovere di collaborazione del responsabile dell'abuso, ai fini dell'ottenimento del dissequestro e della conseguente attuazione dell'ingiunzione». Riguardando una eventualità «futura, astratta e indipendente dalla volontà dell'interessato», che fra l'altro si risolve nella prescrizione di una iniziativa processuale (l'istanza di dissequestro) che potrebbe contraddire le strategie difensive all'interno del processo penale. Inoltre, argomenta la decisione, la sanzione esige sempre una «colpa» del soggetto che in questo caso non vi sarebbe per via della preclusione ad agire sul bene imposta da un altro provvedimento giudiziario. Infine, sulla base di un principio di equità, «non può esigersi che il cittadino impieghi tempo e risorse economiche per ottenere la restituzione di un bene di sua proprietà, ai soli fini della sua distruzione».

Annullamento delle sanzioni
Dunque, finché il sequestro perdura, «la demolizione certamente non può eseguirsi». E ciò implica «l'interruzione o, quantomeno, la sospensione del decorso del termine assegnato per demolire», che potrà poi riprendere col venire meno del sequestro stesso, da chiunque provato o indotto. Per queste ragioni il Consiglio ha accolto l'appello della Srl e ha annullato i provvedimenti sanzionatori adottati per l'inottemperanza dell'ordine di demolizione, «invalidamente (e, comunque, inefficacemente) adottato nonostante l'immobile fosse stato già colpito dal sequestro penale disposto dal Gip presso il Tribunale di Pesaro».

La sentenza del Consiglio di Stato n. 2337/2017

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