Appalti

Al giudice ordinario le controversie sulla risoluzione del contratto per inadempimento nell'esecuzione

di Adriano Peloso

Con l’ordinanza n. 10705 del 3 maggio 2017 la Suprema Corte di cassazione, riunita a Sezioni unite civili, ha fornito utili chiarimenti sulla giurisdizione nelle controversie che abbiano ad oggetto la validità e l’efficacia del contratto di appalto, caducato per effetto dell’esercizio del potere di autotutela basato sul rilievo di vizi propri del negozio giuridico, anziché sulle determinazioni prodromiche in sé considerate dalla Pubblica amministrazione.
La Cassazione fornisce una lucida chiave di lettura sull’applicazione del criterio generale per individuare il foro competente in materia di appalti e su come si possa giungere a tale valutazione partendo da una disamina della controversia di tipo classificatorio sino ad approdare a una necessaria verifica dell’oggetto sostanziale della controversia.
Tale analisi riprende - sviluppandolo poi nel caso specifico - quell’orientamento giurisprudenziale che ha evidenziato la necessità di distinguere, in materia di riparto di giurisdizione nel settore degli appalti, gli atti prodromici, afferenti al processo decisionale, dai successivi atti negoziali con cui l’Ente pubblico spende la sua capacità di diritto privato ponendo in essere il contratto con la controparte privata.

Il caso
La controversia è relativa alla delibera con la quale un Comune ha revocato l’aggiudicazione e disposto la risoluzione del contratto d’appalto, con incameramento della cauzione, fondando il provvedimento, in particolare, sull’accertata inesistenza dei presupposti per la concessione di benefici fiscali, collegati a requisiti del personale dipendente, poi ritenuti insussistenti, e sull’omessa comunicazione relativa a cessione di ramo d’azienda.
Il suddetto provvedimento è stato impugnato, da parte del primo aggiudicatario per l’annullamento dinanzi al Tar competente. La controinteressata, seconda in graduatoria e nuova aggiudicataria, si è costituita in giudizio e ha sollevato eccezione di difetto di giurisdizione del Tar adito, ritenendo competente l’Autorità giudiziaria ordinaria.
È stato quindi proposto ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, davanti alle Sezioni unite della Corte di cassazione.

L’approfondimento
Le Sezioni unite hanno svolto una preliminare disamina dei principi che delineano il noto riparto di giurisdizione nelle procedure ad evidenza pubblica aventi ad oggetto l’affidamento di servizi pubblici.
La Corte di legittimità ha sviluppato il suo ragionamento ricordando, in prima analisi, il principio di riparto di carattere temporale. Spetta alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo la cognizione di comportamenti ed atti assunti prima dell’aggiudicazione e nella successiva fase compresa tra l’aggiudicazione e la stipula dei singoli contratti, mentre la giurisdizione è ricondotta al Giudice ordinario nella successiva fase contrattuale concernente l’esecuzione del rapporto contrattuale.
Altro spartiacque fra le due giurisdizioni, ricorda la Corte, è la costituzione di un rapporto giuridico di diritto comune tra Pa e privato. Questo criterio generale guarda all’affermazione della giurisdizione del Giudice ordinario dalla fase della stipula del contratto, nella quale avviene l’incontro delle volontà delle parti per la stipulazione del contratto, sino alla successiva fase di esecuzione del contratto. Le parti si trovano in una posizione paritetica e le reciproche situazioni soggettive si connotano del carattere, rispettivamente, di diritti soggettivi ed obblighi giuridici a seconda delle posizioni assunte in concreto.
La ricostruzione dei Giudici delle Sezioni unite viene completata dalla indicazione di criteri di riparto giurisdizionale di carattere più specifico. Spettano, infatti, alla giurisdizione ordinaria solo quelle controversie dai profili meramente patrimoniali, senza che assuma rilievo un potere di intervento della Pa a tutela di ipotesi generali, mentre restano nella giurisdizione amministrativa quelle che coinvolgano l’esercizio di poteri discrezional-valutativi inerenti all’accordo concluso.
Dopo aver riepilogato nei termini descritti i criteri che sottendono alla riparto di giurisdizione in materia di contratti della Pa, la Cassazione si è occupata di definire l’ipotesi – in relazione al caso di specie – della presenza di vizi che riguardino gli atti amministrativi prodromici alla stipulazione di quell’accordo ed in ordine ai quali l’Amministrazione ha esercitato il proprio potere autoritativo e discrezionale di revoca, effettuando così un apprezzamento dell’interesse pubblico.
In siffatto caso il relativo vaglio di legittimità spetta al Giudice amministrativo, seppure la Corte, rimandando ad una rilevante precedente pronuncia del Consiglio di Stato (si veda Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, n. 13 del 2014), ricordi che, se non è possibile individuare una «determinazione autoritativa procedimentalizzata» (cioè un autonomo e ben distinto procedimento decisionale in grado di sintetizzare le valutazioni discrezionali in base alle quali l’Amministrazione manifesta poi la propria volontà negoziale), l’annullamento dell’atto amministrativo in via di autotutela si prospetta come un mero artificio non idoneo a mascherare la realtà di un giudizio volto a sindacare direttamente i requisiti di validità del contratto che, come tale, esula dalla giurisdizione amministrativa.

La decisione
Sulla scorta di questi principi, le Sezioni unite della Suprema Corte di cassazione hanno accolto il ricorso per l’accertamento della giurisdizione del Giudice ordinario sulla controversia in questione.
Nello specifico, spiegano i Giudici delle Sezioni unite, i rilievi formulati dal Comune attengono, principalmente, alla fase esecutiva del contratto e, con precisione, alla mancata comunicazione della cessione di ramo di azienda - avvenuta nel corso del rapporto contrattuale -, circostanza che avrebbe posto la stazione appaltante nell’impossibilità di controllare l’adeguatezza del nuovo contraente ceduto.
Parimenti, la Suprema Corte ha osservato che, anche se sono stati anche prospettati vizi genetici attinenti al momento antecedente la stipulazione dell’accordo negoziale con la controparte privata, relativi agli atti amministrativi prodromici alla stipulazione di quell’accordo, l’Amministrazione si è avvalsa del potere, di natura privatistica, di risoluzione del contratto per inadempimento con riferimento alla fase esecutiva del contratto.

Conclusioni
L’individuazione dell’elemento che determina il riparto di giurisdizione è da ricondurre al petitum sostanziale di tale controversia, il quale, nel caso specifico, è apparso incentrato sulla fase dell’esecuzione dell’appalto e non sull’esercizio dei poteri discrezional-valutativi della Pubblica amministrazione nella determinazione dell’aggiudicatario.
La Corte deve esprimersi in relazione all’accertamento di una giurisdizione unitaria e globale. Seppure sia stata rilevata l’esistenza di profili minori attinenti la fase della aggiudicazione, questi risultano essere assorbiti dinanzi alla prevalente sussistenza di aspetti di controversia attinenti la fase esecutiva del contratto.

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