Appalti

Appalti semplificati per ripartire con la riforma-bis del codice

Aiuti alle Pmi, norma «salva-progetti», qualificazione più facile per migliaia di costruttori alle prese con la crisi, compensi certi per i progettisti. Il Governo schiude il sipario sul secondo atto della riforma degli appalti pubblici, con l’ok al decreto correttivo arrivato ieri in Consiglio dei ministri. Dopo la «moralizzazione» è arrivato il tempo della spinta gli investimenti, provando e fare piazza pulita delle strozzature che hanno indotto le amministrazioni a tenere nei cassetti i bandi di gara. Senza rinunciare ai presidi di trasparenza.
Per individuare e superare le criticità il Governo ha aperto un lunga fase di consultazione esaminando oltre 700 proposte di modifica avanzate da mercato e istituzioni. Importanti contributi sono poi arrivati dal Consiglio di Stato e dal lavoro svolto dalle due Camere insieme all’Anac di Raffaele Cantone che ha contribuito a "raddrizzare" in corsa diverse norme a rischio di aumentare le "zone grigie" del mercato.
La prova che non tutto è andato tutto liscio nei primi mesi di applicazione della riforma non è solo nei numeri in pesante flessione dei bandi di gara (anche per colpa della crisi), ma anche nelle dimensioni assunte dal provvedimento cresciuto fino a 131 articoli,destinati a impattare con centinaia di correzioni su un codice che ne conta 220. Con tutta probabilità non sarà peraltro questa l'ultima occasione per intervenire sulla riforma. Parlamento e Governo hanno convenuto sull’opportunità di prevedere un altro "tagliando" tra due anni.

L’accelerazione delle fasi di gara
Molte le novità che diventeranno subito operative. Una delle più attese riguarda l’accelerazione delle fasi di gara per appaltare i piccoli interventi sotto i due milioni. Sotto questa fascia (che ora si ferma a un milione) imprese e Comuni hanno chiesto di poter tornare a utilizzare il massimo ribasso con il «metodo antiturbativa». Cioè l’esclusione automatica delle offerte che presentano percentuali di ribasso inferiori o superiori alla media, sorteggiando in gara il criterio matematico per individuarle. Un modo per evitare le «combine», accorciando però di molto tempi (e costi) delle procedure. Inserita all’ultimo momento nella bozze di entrata, questa norma è rimasta a lungo in bilico, con i tecnici di governo al lavoro fino a tarda sera.
Confermate invece le misure di favore per la qualificazione al mercato pubblico dei costruttori (requisiti calcolati su 10 anni anziché 5) . Così come un pacchetto di aiuti alle Pmi, tra cui uno sconto del 50% sulle garanzie per partecipare alle gare. E (almeno nel testo di entrata) anche una riserva del 50% dei posti nelle procedure negoziate sotto al milione. In questa fascia arriva anche una norma a favore della maggiore concorrenza. Sale da a 5 a 15 il numento minimo delle imprese da invitare alle procedure negoziate per i lavori (con doppio scaglione di 10 e 15 imprese ain base agli importi nei servizi).

Gli interventi rimasti «incagliati»
Sul fronte della progettazione, il correttivo sblocca gli interventi rimasti «incagliati» a causa dell’entrata in vigore del nuovo codice ad aprile 2016. Le Pa potranno rimetterli in gara nei prossimi 12 mesi. Il divieto di appalto integrato cade anche per le opere ad alto contenuto tecnologico e per le manutenzioni. I progettisti incassano l’obbligo per le Pa di calcolare i compensi sulla base dei parametri del ministero della Giustizia (ora è solo una facoltà). Mentre salta la norma mirata a imporre l’iscrizione all'albo per i progettisti interni alle amministrazioni.
Il rischio di una procedura di infrazione Ue, ventilato da una lettera inviata al Governo da Bruxelles, non è bastato a far cadere i vincoli sul subappalto. Chi vincerà l’appalto non potrà subaffidare ad altre imprese più del 30% del valore complessivo del contratto. Resta invariato il sistema «80-20» che tra 12 mesi imporrà ai concessionari autostradali di mandare in gara l’80% dei lavori, conservando in house una quota limitata al 20 per cento. Ppp e concessioni potranno contare sull'innalzamento dal 30% al 49% del tetto al contributo pubblico. Mentre arriva il divieto di affidare a general contractor opere inferiori a 150 milioni. Prevista anche una stretta sui pagamenti delle Pa e penali per i ritardi nella realizzazione delle opere.
Il rating i impresa viene confermato. Ma accogliendo le richieste dell’Anac verrà rilasciato su base volontaria. Compie il giro inverso la clausola sociale per gli appalti ad alta intensità di mandopera, che da facoltativa diventa obbligatoria. A meno di sorprese dell’ultim’ora l’Anac dovrebbe incassare l’autonomia organizzativa (e la disciplina economica) sul proprio personale, insieme all’aiuto dell’Istat per la definizione dei costi standard delle opere pubbliche.

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