Appalti

Correttivo appalti, per il Consiglio di Stato da rivedere le regole delle concessioni

Il decreto correttivo della riforma appalti fa un passo avanti verso l’approvazione finale, fissata per il 19 aprile, incassando il doppio parere favorevole - condito da osservazioni e prescrizioni - del Consiglio di Stato e della Conferenza Unificata.
Molto articolato il parere di Palazzo Spada che in 140 pagine distilla (articolo per articolo) un lungo elenco di osservazioni, di carattere essenzialmente tecnico e senza punte polemiche, al decreto. Si parte con una premessa. Per i giudici le modifiche al codice, varato solo un anno fa, intervengono «in un periodo troppo breve di applicazione delle nuove regole». Da qui la richiesta, che anche il presidente dell’Anac Raffaele Cantone ha indirizzato al Parlamento, di portare ad almeno due anni il termine per le correzioni al Dlgs 50/2016.

Le scelte bocciate
Nel merito i giudici bocciano almeno due scelte del correttivo. Entrambe riguardano il capitolo delle concessioni. La prima dice no all’innalzamento dal 30% al 49% del tetto massimo per il contributo pubblico nelle opere finanziate con capitali privati . Per i giudici questa scelta è in contraddizione «con i criteri di ripartizione del rischio» mirati a ridurre «la compartecipazione pubblica». Per questo la norma va rivista, pena l’addio al parere positivo. Con la stessa formula nel parere si chiede di fare marcia indietro sulla modifica che autorizza i concessionari (leggi le autostrade) ad affidare senza gara a società in house anche i lavori di manutenzione e gli appalti sotto 150mila euro. Entrambe queste misure - che peraltro hanno già sollevato obiezioni tra i banchi del Parlamento - vengono giudicate in contrasto con i criteri della legge delega.

Gli altri rilievi
Nel lungo elenco di osservazioni Palazzo Spada ha espresso poi rilievi sull’estensione dei limiti al subappalto e sulle nuove deroghe all’assegnazione congiunta di progettazione e lavori (appalto integrato). Ha inoltre chiesto che la qualificazione delle imprese venga definita con un regolamento ministeriale e non con linee guida dell’Anac. Dubbi sono stati sollevati anche sulla scelta di imporre alle stazioni appaltanti l’uso dei parametri ministeriali per la definizione dei compensi dei progettisti e sull’obbligo di iscrizione all’albo per i progettisti interni alle Pa.
Tre gli emendamenti considerati «centrali» dalla Conferenza Unificata e condizionati al rilascio di un parere positivo. Il primo riguarda il raddoppio (da 1 a 2 milioni) del tetto massimo per l’assegnazione dei lavori al massimo ribasso. Una richiesta motivata con l’obiettivo di snellire le gare. La seconda richiesta riguarda la possibilità di riservare alle Pmi, con sede nella regione, una quota di partecipazione del 50% negli appalti di importo inferiore alle soglie Ue senza interesse transfrontaliero. Il terzo emendamento punta invece a semplificare gli oneri di pubblicazione, indirizzando verso un’unica banca dati i programmi biennali per gli acquisti di beni e servizi. «Su tali questioni che potrebbero presentare profili di criticità in ordine alla delega o alla compatibilità con la normativa in materia di concorrenza - ha fatto sapere il ministero delle Infrastrutture con una nota -, il Governo ha fatto presente che sarà il Parlamento» a valutare

Il parere del Consiglio di Stato

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