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Lo jogging «fa male» alle casse dell’ente se si inciampa sull’irrigatore abbandonato nel parco comunale

di Paola Rossi

Il Comune è sicuramente responsabile per i danni subiti dal runner che inciampa nel sistema di irrigazione in disuso e nascosto dall’erba nel parco locale, se non dimostra che all’origine dell’”incidente” vi è un caso fortuito. Nel caso specifico la Corte di cassazione con la sentenza n. 9640/2018 depositata ieri dà ragione al ricorrente che contro l’ente locale si era visto dar torto in tutti e due i gradi del giudizio di merito.

L’onere della prova
La Cassazione fa notare che la sentenza impugnata ha di fatto invertito i pesi e l’ordine delle posizioni in cui si vengono a trovare il danneggiato e il custode. In primis, al danneggiato spetta solo di provare il nesso causale tra l’evento e la cosa in custodia e non la colpa del custode, in questo caso, del Comune. La colpa di chi custodisce la cosa, infatti, non è il presupposto della responsabilità per il risarcimento dei danni, che sono dovuti integralmente in assenza di un comportamento colpevole da parte del malcapitato, che al contrario potrebbe dterminare la riduzione proprozionale del risracimento. Ma se la caduta è invece attribuibile totalmente all’imprudenza del corridore scatta l’esimente per l’ente locale e viene meno la sua responsabilità di custode per i danni verificatisi. Cioè se la condotta colpevolmente imprudente di chi ha subito il danno è la sola causa dell’incidente anche questa integra il caso fortuito che salva il custode dalla propria responsabilità che gli attribuisce l’articolo 2051 del Codice civile. Ma la prova della colpa del runner andava fornita dal Comune. Il caso fortuito, cioè l’esistenza di un fatto ingovernabile da parte del custode e sufficiente a determinare l’evento - agenti atmosferici imprevedibili o la condotta di un terzo se non addirittura del danneggiato - è circostanza che va , infatti, provata dal custode.
La potenziale lesività della cosa da cui si è originato il danno non è onere del danneggiato provarla al di là del nesso causale. Qui sta dunque una forma di «oggettività» della responsabilità, perché scatta al di là del comportamento del custode. Ma su tale qualificazione la dottrina si divide ancora in sottili diverse interpretazioni. A sostenere la responsabilità del Comune, in tale caso dice la Cassazione, è sufficiente la destinazione del prato se non alla pratica della corsa, sicuramente a essere calpestato poiché tale circostanza è decisiva ai fini della possibile configurazione della condotta del ricorrente come causa autonoma e adeguata al verificarsi dell’evento.

La sentenza della Corte di cassazione n. 9640/2018

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