Amministratori

Legittimo il trasferimento del poliziotto candidato nella circoscrizione della propria sede di servizio

di Alberto Ceste

La corretta applicazione degli articoli 53, comma 1 e 2, del Dpr 24 aprile 1982 n. 335 ed 81, comma 2 secondo periodo, della legge 1° aprile 1981 n. 121, legittimano il provvedimento adottato dal ministero dell'Interno di trasferimento d'ufficio ed immediato di un vice Sovrintendente della Polizia di Stato dal Commissariato ove presta servizio presso altro Commissariato, poiché questi si è candidato Consigliere provinciale nella circoscrizione ove ricade la propria sede di servizio.
Le norme citate, infatti, tutelano il rischio del determinarsi di possibili condizioni di privilegio o di possibile influenza da parte dell'appartenente alla Forza di polizia e, quindi, prescindono del tutto dalla circostanza che il candidato sia stato eletto o meno, rilevando già, come nel caso in esame, la sola candidatura.
Lo ha deciso il Tar Puglia – Lecce, Sezione II, sentenza n. 590/2018.

Condizioni e limiti per le Forze di Polizia a candidarsi alle elezioni
Il menzionato articolo 53 del Dpr n. 335/1982 pone severe limitazioni per gli appartenenti alle Forze di Polizia che decidano di candidarsi alle elezioni, politiche od amministrative esse siano, disponendo che:
- il candidato delle Forze di polizia non può prestare servizio per tre anni nell'ambito della circoscrizione nella quale si è presentato come candidato (comma 1);
- il personale non può prestare servizio nella circoscrizione ove è stato eletto per tutta la durata del mandato amministrativo o politico, e, comunque, per un periodo non inferiore a tre anni, e deve essere trasferito nella sede più vicina, compatibilmente con la qualifica rivestita (comma 2).
É stato così ribadito e rafforzato il divieto previsto dall'articolo 81, comma 2 secondo periodo, della legge n. 121/1981, che già vietava agli appartenenti alle Forze di polizia candidati alle elezioni di prestare servizio nell'ambito della circoscrizione nella quale si sono presentati come candidati per tre anni dalla data delle elezioni stesse.
Quelle che, a prima vista, parrebbero norme molto limitanti e finanche incostituzionali per gli appartenenti alle Forze di polizia, in realtà sono pienamente conformi ai principi generali dell'ordinamento giuridico legislativo e costituzionale.
In realtà, esse rimuovono opportunamente l'incompatibilità tra esercizio dei compiti istituzionali e partecipazione alla vita politica della comunità, nel rispetto sia del principio costituzionale di uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge (articolo 3 della Carta fondamentale) sia del dritto costituzionale di elettorato passivo (articolo 51 della Costituzione).
La chiave di volta, valevole anche per il candidato non eletto delle Forze di polizia, è rinvenibile proprio nel disposto dell'articolo 53, comma 2, del Dpr n. 335/1982, in virtù del quale il potere discrezionale di cui in tali casi dispone il dipartimento di Pubblica sicurezza è limitato al trasferimento alla sola sede più vicina.
In tal modo, si realizza un equo contemperamento di interessi «tra il diritto di esercizio delle funzioni elettive, garantito a tutti dall'articolo 51 della Costituzione, e l'esigenza di preservare l'attività di servizio della Polizia di Stato da interferenze derivanti dal mandato amministrativo o politico».

Il caso
Il ricorrente, vice Sovrintendente della Polizia di Stato, candidato a Consigliere nella provincia nella cui circoscrizione ricadeva la propria sede di servizio, non è stato eletto.
Ciò nonostante, ha ricevuto la notificazione di un telegramma di trasferimento immediato, d'ufficio, dal Commissariato in cui prestava servizio e rientrante nella giurisdizione di una data Questura, ad altro Commissariato rientrante nella giurisdizione di una diversa Questura. Il ricorrente ha chiesto l'annullamento del telegramma di trasferimento, sostenendo, fra l'altro, che l'articolo 53 del Dpr n. 335 del 1982 non si applicherebbe al caso in rassegna, «in quanto le elezioni provinciali sono elezioni di secondo grado e che, quindi, difetta la ratio sottesa a questo articolo».

La sentenza
Il Collegio, ha respinto il ricorso, rilevando che le norme scrutinate prevedono necessariamente i limiti in precedenza ricordati, al fine di evitare interferenze tra le funzioni di appartenente alle Forze di polizia e l'esercizio dei diritti politici garantiti ai cittadini. Inoltre «è chiaro che il diritto di esercitare le pubbliche funzioni elettive è speculare e collegato funzionalmente al diritto di elettorato passivo con l'ulteriore conseguenza che ogni compromissione dell'esercizio dell'uno si riflette sull'esercizio dell'altro».

Conclusioni
Posto dunque che il presupposto applicativo dell'articolo 53, commi 1 e 2, del Dpr n. 335 del 1982 è rappresentato dalla mera candidatura applicandosi a prescindere dall'eventuale elezione del dipendente, la disposizione è in grado di impedire che il dipendente della Polizia di Stato possa esercitare la propria attività nel medesimo territorio dove ha svolto propaganda elettorale ed attività politica «sottraendo l'attività di polizia a influenze politiche che comunque si porrebbero in contrasto con le funzioni istituzionali».
Questa essendo la ragione giustificatrice della normativa, essa si applica anche alle elezioni dei Consiglieri provinciali, le quali, se è pur vero che sono attualmente elezioni di secondo grado (in quanto i consiglieri sono scelti attraverso l'individuazione di un ristretto numero di votanti, quali i Consiglieri comunali e i Sindaci), è però altrettanto vero che, in ogni caso, «la candidatura è diretta necessariamente ad acquisire il maggior consenso possibile anche se solo tra un ristretto numero di elettori».
Risulta perciò di tutta evidenza come, analogamente alle elezioni a suffragio universale e diretto, una propaganda elettorale ed un'attività politica diretta ad acquisire il consenso sia anche in tal caso quanto mai necessaria, ponendo così in essere possibili e non assentibili situazioni di interferenza con l'attività di Polizia del candidato.

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