Amministratori

Il rischio d’immagine condanna il presidente

È legittima la revoca del presidente del consiglio comunale nel caso in cui l’immagine esterna dell’amministrazione venga compromessa da notizie riguardanti l’impresa appartenente ai suoi congiunti, specie se riguardano rischi di potenziali fenomeni di infiltrazione mafiosa. Lo afferma la quinta sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 1286/2018.

La questione
La vicenda parte dal fatto che un consiglio comunale ha revocato l’incarico del presidente sulla base della considerazione che la salvaguardia dell’immagine esterna del Comune costituisce una motivazione di carattere istituzionale, e viene senza dubbio intaccata se in un appalto aggiudicato dallo stesso Comune l’impresa di famiglia del presidente sia stata oggetto di un’interdittiva antimafia.
Il presidente ha impugnato la sentenza con cui il Tar ha respinto il ricorso contro la delibera consiliare di revoca; ricorso motivato dall’interessato con la tesi che il provvedimento si sarebbe basato su motivi non pertinenti e comunque non contemplati né dalla legge, né dallo statuto, né dal regolamento interno, che ammettono la revoca del presidente solamente per gravi violazioni delle rispettive disposizioni e non anche per elementi relativi al rapporto fiduciario.

La decisione
Il Consiglio di Stato ha respinto l’appello. Tra i motivi «istituzionali» che legittimano la revoca del presidente del consiglio comunale, affermano i giudici di Palazzo Spada, non può che essere ricompresa anche la salvaguardia dell’immagine esterna dell’amministrazione, che viene pregiudicata dal fatto che l’impresa appartenente a suoi congiunti sia stata colpita da un’interdittiva antimafia e sia allo stesso tempo destinataria dell’aggiudicazione di un appalto indetto dallo stesso Comune.
«Nell’attuale contesto storico – si legge nella sentenza – è arduo ritenere che un evento del genere sia indifferente sotto il profilo dell’opportunità istituzionale, cioè inidoneo a coinvolgere il presidente del Consiglio comunale». E questo pur non essendo egli interessato direttamente dall’interdittiva né risultando socio della società che ne è stata destinataria.
La revoca, infatti, è legittima tutte le volte in cui vi sia una comprovata perdita di neutralità politica dell’organo, necessariamente basata sull’assenza di coinvolgimenti, anche indiretti, in vicende che destano allarme sociale, specie in comunità territoriali non aliene dal rischio di potenziali fenomeni di infiltrazione mafiosa.

La sentenza del Consiglio di Stato n. 1286/2018

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