Amministratori

Comune tenuto a risarcire al 50% per la caduta dalla bici a causa di una buca

di Francesco Machina Grifeo

La Cassazione, con l’ordinanza n. 6034 di ieri, fissa i criteri per stabilire la responsabilità, e dunque l'eventuale risarcimento del danno da parte della Pa, nel caso di infortuni dovuti alla cattiva manutenzione (tecnicamente, «omessa custodia») del manto stradale.

La vicenda
Il caso è quello di un ciclista caduto a causa del «pietrisco» e di alcune buche «localizzate nella fascia centrale della corsia di marcia» di una strada comunale all'interno del parco nazionale del Gargano. Per la Corte di appello di Bari, decisione sostanzialmente confermata in Cassazione, la colpa è di entrambi: al 50% del comune di Cagnano Varano – condannato a risarcire 28mila euro (cifra da rivedere per un errore tecnico) - perché non ha tenuto la strada in condizioni ottimali. Del ciclista perché avrebbe dovuto seguire una condotta più prudente.

La decisione
Per i giudici di legittimità, sulla scorta di una ricognizione degli orientamenti consolidatisi nel tempo, vanno affermati i seguenti principi di diritto: «l'articolo 2051 c.c., nel qualificare responsabile chi ha in custodia la cosa per i danni da questa cagionati, individua un criterio di imputazione della responsabilità che prescinde da qualunque connotato di colpa, sicché incombe al danneggiato allegare, dandone la prova, il rapporto causale tra la cosa e l'evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosità o meno o dalle caratteristiche intrinseche della prima». Mentre «la deduzione di omissioni, violazioni di obblighi di legge di regole tecniche o di criteri di comune prudenza da parte del custode rileva ai fini della sola fattispecie dell'art. 2043 c.c. (risarcimento per fatto illecito), salvo che la deduzione non sia diretta soltanto a dimostrare lo stato della cosa e la sua capacità di recare danno, a sostenere allegazione e prova del rapporto causale tra quella e l'evento dannoso». Ma soprattutto, spiega la Corte, nella categoria delle cause di esclusione della responsabilità oggettiva per danno da cose, la condotta del danneggiato «si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull'evento dannoso». E questo vuol dire che: «quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione delle cautele da parte dello stesso danneggiato, tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza causale del comportamento imprudente, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso». Dunque, quando la causa di esclusione della responsabilità viene indicata nella condotta del danneggiato «può prescindersi dalla necessità, ai fini dell'esonero, di un'imprevedibilità ed inevitabilità intese nel senso di estraneità alla regolarità o adeguatezza causale, come invece rimane necessario quando si invoca un caso fortuito o un'elisione del nesso causale per altra ragione».
Conclude l'ordinanza, di tutti questi assunti ha fatto applicazione la Corte territoriale. Prima dando conto «della sussistenza del rapporto di custodia del Comune sulla strada (con ciò risultando superflue, le considerazioni sul comportamento, anche colposo, del custode nella manutenzione)». Poi evidenziando «il rapporto oggettivo di causa-effetto tra percorrenza della strada comunale in sella alla propria bicicletta e la caduta per la presenza di una buca (con ciò risultando superflue le considerazioni sulla intrinseca pericolosità della strada)». Infine dando conto della specifica condotta tenuta dal danneggiato (articolo 1227 del codice civile, concorso colposo del creditore) «tenuto conto sia delle circostanze di fatto contingenti (relative allo stato dei luoghi, all'ora e alle modalità dell'accadimento), sia del grado di attenzione richiesto al danneggiato stesso in rapporto a dette circostanze, così da giungere a ritenere la sussistenza di un concorso, paritario, di responsabilità e, dunque, l'efficacia non elidente del nesso di causa ad opera della condotta del danneggiato»

L’ordinanza della Corte di cassazione n. 6034 /2018

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