Amministratori

Corruzione, la vecchia legge salva l’incaricato di pubblico servizio che non è dipendente della Pa

di Francesco Machina Grifeo

Assolto perché il fatto non sussiste il funzionario di Autostrade al centro dell'inchiesta relativa ad un giro di tangenti per la costruzione di una strada di accesso al polo industriale del comune di Grezzano (Mi), in fascia di rispetto autostradale, condannato nel 2015 per corruzione. La Suprema corte, con la sentenza n. 10759/2018, ha infatti accolto il ricorso del manager accusato di aver intascato una bustarella di 11mila euro - da parte di un consigliere comunale di Trezzo sull'Adda e di un imprenditore - per velocizzare le autorizzazioni. Per i giudici di legittimità va applicata la legge vigente al momento dei fatti, precedente dunque alla Severino, secondo la quale per integrare il reato di corruzione non bastava essere «incaricati di un pubblico servizio» ma necessitava anche la «qualità di impiegato pubblico».

La vicenda
La Corte di appello di Milano aveva già rivisto la qualificazione dell'imputato, che in primo grado era stato condannato per “concussione” in quanto considerato “pubblico ufficiale”, riconoscendone la responsabilità per “corruzione”, in quanto “incaricato di pubblico servizio”. Per il giudice di merito infatti il ricorrente era incardinato nell'ambito di una società che è ente pubblico in quanto persegue interessi pubblici, ma senza poteri autoritativi o certificativi propri della Pa.

La decisione
La Cassazione oggi fa un ulteriore passo avanti affermando che la Corte di merito «nell'operare detta riqualificazione soggettiva non ha considerato la circostanza secondo la quale il fatto risultava commesso mentre era vigente la disciplina dell'art. 320 cod. pen. anteriormente alla modifica intervenuta con l'art. 1 comma 75 lett. l) della legge 6 novembre 2012 n. 190». E secondo la precedente disciplina, il reato di corruzione si applica «anche se il fatto è commesso da persona incaricata di un pubblico servizio, qualora rivesta la qualità di pubblico impiegato». Dunque, prosegue la Corte, trattandosi di un elemento costitutivo del reato, «non vi è dubbio» che debba applicarsi «tale previgente disciplina e non la più estesa ipotesi sopravvenuta che non richiede che l'incaricato di pubblico servizio sia anche pubblico impiegato».
Inoltre, prosegue la Cassazione, «è stato già condivisibilmente stabilito che non è configurabile il delitto di corruzione per atto di ufficio, nel testo vigente prima delle modifiche della legge n. 190 del 2012, nei confronti del Presidente di una società di gestione di una tratta autostradale, perché, pur rivestendo quest'ultimo la qualifica di incaricato di pubblico servizio, non può essere considerato un pubblico impiegato» (n. 27719/2013). Ora, nel caso specifico, conclude la sentenza, non v'è dubbio che all'epoca della commissione del fatto il ricorrente rivestisse la qualità di dipendente della “Società Autostrade per l'Italia” e, pertanto, fosse incaricato di pubblico servizio «senza essere un pubblico impiegato». Cosicché, in difetto della «qualifica soggettiva richiesta dal reato», sarebbe dovuto andare assolto perché il fatto non sussiste.

La sentenza della Corte di cassazione n. 10759/2018

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