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Ricorso impossibile contro le Linee guida Anac perché non sono vincolanti

di Amedeo Di Filippo

È inammissibile il ricorso contro le linee guida dell’Anac perché non hanno carattere regolamentare e dunque non sono vincolanti. Lo afferma il Tar Lazio con la sentenza del 14 febbraio scorso n. 1735 .
L’annullamento delle linee guida sull’attuazione dell’articolo 14 del Dlgs 33/2013 relativo alla pubblicazione dei dati concernenti i titolari di incarichi politici, di amministrazione, di direzione o di governo e i titolari di incarichi dirigenziali è stato chiesto per diversi motivi. Tra i quali che gli obblighi di pubblicazione potevano essere imposti solo ai titolari di incarichi politici nello Stato, nelle Regioni e negli enti locali, non a quelli degli ordini professionali. Per questo le linee guida sono incorse in un «eccesso di delegazione», avendo la legge circoscritto i destinatari ai soli titolari di incarichi politici; le modifiche introdotte al decreto hanno individuato gli ordini professionali tra i soggetti a cui era applicabile la disciplina solo in quanto «compatibile».

Manca l’interesse
Inammissibile il ricorso secondo il Tar Lazio, per carenza di interesse. I giudici partono dal parere n. 1257/2017 con cui la Commissione speciale del Consiglio di Stato ha fatto le pulci alle linee guida impugnate, nel quale è messo bene in evidenza come queste costituiscano un «atto non regolamentare» mediante il quale l’Autorità anticorruzione chiarisce la portata applicativa e le ricadute organizzative degli adempimenti stabiliti dalla normativa.
Hanno dunque una «finalità istruttiva» e come tali sono riconducibili al novero delle linee «non vincolanti», in quanto i destinatari possono discostarsene mediante atti che contengano una adeguata e puntuale motivazione.
Pertanto le linee guida in quanto tali sono sfornite di contenuto lesivo diretto nei confronti dei destinatari, risultando un mero atto di indirizzo e supporto che può essere oggetto di impugnazione solo unitamente all’atto specifico che, in applicazione di tale indirizzo, «ove recepito», incida in maniera puntuale sulla posizione giuridica del destinatario. Né può assumersi come presupposto per l’immediata lesività la «portata generale» delle linee, così come avviene per altri atti a diffusione generalizzata quali le circolari, sulla cui mancanza di precettività si è espressa più volte anche la Cassazione.

Il precedente
Lo stesso Tar Lazio ha assunto una posizione simile nella sentenza n. 9759/2016, esprimendosi su un parere con cui l’Anac ha ritenuto non conforme una variante in corso d’opera, dichiarando anche in questo caso inammissibile il ricorso «per carenza di lesività diretta».
La concreta lesività del parere – hanno affermato i giudici – si manifesta solo nell’ipotesi in cui venga trasposto o richiamato nell’atto conclusivo del procedimento che dispone in senso conforme, non prima. Il parere non ha dunque natura provvedimentale e la lesione della sfera giuridica del ricorrente si produce soltanto nel momento in cui l’organo istituzionalmente preposto si sia pronunciato nell’ambito della sua potestà discrezionale, integrando la motivazione del provvedimento finale con le conclusioni suggerite dall’Anac nel parere. Di conseguenza, non è impugnabile autonomamente il parere espresso dall’Autorità nazionale, ma solo il provvedimento finale formalmente adottato che lo recepisca.

La sentenza del Tar Lazio n. 1735/2018

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