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Tra leggi di bilancio e decreti una legislatura da 18mila commi

Circa 18mila commi approvati: oltre 5mila saliti sul convoglio delle sole leggi di bilancio. Con un’incidenza del 42,3% di quelli contenuti nei testi coordinati dei decreti legge “convertiti” dalle Camere. È l’eredità lasciata dalla diciassettesima legislatura al nuovo Parlamento uscito dalla tornata elettorale di ieri. Una produzione legislativa non proprio ai minimi termini, anche se delle 379 leggi che risultavano approvate al 1° gennaio 2018 secondo un dossier del Servizio studi della Camera (381 l’ultimo dato del Sanato aggiornato alla scorsa settima) quasi il 75% è d’iniziativa governativa con un ricorso ancora massiccio alla decretazione d’urgenza: le leggi di conversione sono quasi il 22% del totale (21,90% per la precisione) precedute da quelle di “ratifica” di trattati internazionali (poco meno del 40%)e dalla cosiddette “altre leggi ordinarie” (circa il 30%).

Ma il Parlamento la sua partita sui provvedimenti all’esame l’ha giocata fino in fondo. Anche se con una minore intensità rispetto alla sedicesima legislatura, quella cominciata nell’aprile 2008 e conclusasi nel marzo 2013, che ha attraversato la crisi economico-finanziaria abbattutasi sul Paese. Una crisi che è stata affrontata all’insegna dei provvedimenti d’urgenza, in primis quelli varati a partire dalla fine del 2011 dal Governo Monti. Nel corso di quella legislatura il Parlamento ha approvato 391 provvedimenti dando l’ok a 17.766 commi (1.391 per quelle che all’epoca si chiamavano leggi Finanziarie e di Stabilità), il 53,5% dei quali occupati dai testi coordinati dei decreti legge.

Notevolmente minore il numero delle leggi licenziate dai due rami del Parlamento nella legislatura precedente, la quindicesima, a causa della sua breve durata, appena due anni (dal 2006-2008) con a Palazzo Chigi il secondo Governo Prodi: a ottenere il via libera delle Camere sono state 112 leggi con complessivi 5.886 commi, il 62,5% dei quali assorbiti da due leggi Finanziarie e il 30,5% dai testi coordinati dei decreti legge convertiti.

Decreti legge che hanno suscitato un certo fascino anche nella legislatura appena conclusa. Le Camere hanno infatti cercato d’incidere prevalentemente in sede di conversione dei Dl (100 i testi presentati dal Governo, 83 quelli convertiti). E in particolare nella parte finale della legislatura, quando con il Governo Gentiloni a Palazzo Chigi e la fuoriuscita dal Pd dei parlamentari poi confluiti in Leu, i numeri della maggioranza sono diventati a dir poco ballerini. Non a caso rispetto ai testi originari di partenza dei decreti legge, con l’esecutivo Gentiloni i commi dei testi coordinati delle leggi approvate definitivamente sono lievitati, per effetto delle modifiche introdotte dal Parlamento, del 103%: più del doppio di quanto è accaduto nei 299 giorni in cui Enrico Letta è stato a Palazzo Chigi (41,7%), e in maniera molto più marcata rispetto all’esecutivo guidato per 1.024 giorni da Matteo Renzi (57,6%).

Un’ampia revisione dei “provvedimenti urgenti” è stata operata dalle Camera anche a inizio legislatura, negli ultimi 43 giorni di vita dell’esecutivo Monti quando i commi prima del via libera finale sono cresciuti di oltre il 71 per cento. Nel complesso negli ultimi cinque anni di attività del Parlamento i commi dei decreti legge durante il percorso che porta alla conversione in legge sono aumentati del 61,4%: si è partiti, al momento del varo, con 4.917 commi (in media 58 commi per ogni provvedimento) per arrivare a 7.937 (in media 96 a testo) con un “rigonfiamento” dei provvedimenti approvati di 3.020 commi.

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