Amministratori

L’agenda del nuovo Governo eredita 371 decreti attuativi

Sono 371 i provvedimenti attuativi che la XVII legislatura lascia in eredità alla nuova. Un fardello non di poco conto, in cui spiccano 106 atti per i quali il tempo è scaduto. È il risultato dell’eredità delle riforme varate nei tre Governi che si sono succeduti negli ultimi cinque anni: l’Esecutivo a guida Enrico Letta, quello di Matteo Renzi e, da ultimo, il Governo di Paolo Gentiloni.

Il bilancio si concentra sulle riforme di carattere economico e su quelle per lo sviluppo, che si sono succedute a ritmo serrato nel tentativo di contrastare la crisi e ridare slancio al Paese. Le riforme prese in considerazione (ma non solo quelle) non sono mai immediatamente efficaci, perché rinviano a diversi provvedimenti attuativi. È un modo di legiferare che si è protratto negli anni e che spesso ha impedito la piena operatività delle normative. E questo anche perché l’attuazione diventava faticosa a causa delle procedure che richiedono spesso il concerto di diversi ministeri, allungano, talvolta all’infinito, i tempi del varo.
Un collo di bottiglia a cui si è cercato di rimediare in questa legislatura, introducendo tempi certi per il via libera dei dicasteri.

È, invece, rimasta immutata la prassi di appesantire i testi legislativi durante l’iter parlamentare e di derogare la piena operatività delle riforme ai provvedimenti applicativi. Per rimanere ai casi più recenti, l’ultima legge di Bilancio prevedeva, nel testo uscito dal Consiglio dei ministri, 56 decreti attuativi, che sono diventati 151 una volta completato l’iter parlamentare.

Un simile carico ha pesato in modo significativo sul tasso di attuazione, che, rispetto a quello del 77,2% calcolato dal Sole 24 Ore a fine dicembre, ora è sceso al 71,3 per cento. Questa percentuale tiene conto anche del lavoro di attuazione delle riforme economiche varate dall’Esecutivo di Mario Monti e tradotte in pratica anche dai successivi Governi. Quel tasso di attuazione è ora arrivato al 90 per cento.

Se, però, ci si concentra solo sugli interventi messi in campo dagli Esecutivi dell’ultima legislatura, il tasso di attuazione è ancora più basso, perché scende al 64,5 per cento. Una percentuale che, anche in questo caso, risente del carico di provvedimenti applicativi dell’ultima legge di Bilancio, che al momento ha all’attivo solo sette decreti, con un tasso di adozione del 4,6 per cento.

Scendendo nel dettaglio del lavoro dei tre Governi della legislatura si nota che il lavoro di attuazione sulle riforme Letta si può dire concluso, perché è stato dato il via libera a quasi il 90% delle norme applicative necessarie. Anche gli interventi di Renzi si trovano a un buon livello, perché si trovano all’80 per cento. Più impegnativo il lavoro che, invece, aspetta i decreti attuativi delle leggi di Gentiloni, che per l’83% devono ancora essere tradotti in pratica. In questo caso, però, si sconta la più giovane età dell’Esecutivo, che si è insediato a metà dicembre 2016.

Anche la transizione tra vecchia e nuova legislatura non bloccherà il processo attuativo, perché gli uffici legislativi dei ministeri potranno comunque continuare a lavorare, trattandosi di ordinaria amministrazione. Il nuovo Governo, poi, potrà anche decidere di far cadere parte dei decreti in attesa, riducendo così lo stock attuativo. Sta di fatto, però, che tuttora anche le riforme più datate continuano a proseguire il loro iter. Per esempio, a fine 2017 ha visto il via libera un decreto ministeriale riferito alla legge di Stabilità 2015, che conteneva le modalità applicative delle disposizioni in materia di accordi di garanzia bilaterale sugli strumenti derivati.

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